25.7.10

 

Festa della Contea a Mentana

Il Parco dei Pini di Mentana, città d'arte con antiche radici precedenti alla fondazione di Roma, è stato animato da personaggi dei racconti tolkeniani dal 23 al 25 luglio durante la Festa della Contea, un'iniziativa che sta ripetendo il successo delle scorse edizioni e ha ricevuto il patrocinio della Società tolkeniana italiana.

Tre giorni di festa con mercatino a tema e presentazione dei prodotti locali che ha portato nella cittadina della provincia romana nota principlamente per la battaglia garibaldina un buon numero di visitatori e curiosi, soprattutto giovani, appassionati del mondo fantasy e dei giochi di ruolo. Danzatrici del ventre, tende con spadaccini e appassionati di gatka dove cimentarsi per gioco e in tutta sicurezza con le armi del passato, venditrici di idromele e altre cibarie ispirate al mondo tolkeniano, spettacoli di danze irlandesi, trucchi e pozioni magiche, libri rigorosamente a tema, tende con vikinghi che raccontano la loro storia e performance itineranti con recita di brani tratti dalla saga del Signore degli Anelli, tornei di Magic, il gioco "in cui - si legge su Wikipedia - le carte rappresentano le magie a disposizione di un mago che si confronta in una battaglia con un altro o più maghi".

La Festa della Contea 2010 ha inoltre premiato l'attore partenopeo naturalizzato mentanese Gianni Musy per il memorabile doppiaggio di Gandalf del Signore degli Anelli interpretato da Ian McKellen.

L'iniziativa, organizzata da un gruppo di giovani appassionati dei giochi di ruolo fantasy medievali e dall'immaginario tolkeniano finalmente liberato da etichettature ideologizzanti, ha messo in luce alcune potenzialità di Mentana e ha reso tangibile quello che per molti potrebbe sembrare un mondo sommerso ed estremamente ramificato, un mondo dove fantasia e realtà si mescolano all'uso di nuove tecnologie e ricreazione di immaginari futuribili con memorie medievali, quello dei giochi di ruolo e dei videogiochi.

©©Valentina Cosimati

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16.7.10

 

Borgo Festival, Fiano Romano's fringe

Fiano Romano * Visioni, Provincia di Roma * Visions, Rome Province



A Fiano Romano per qualche giorno, dal 15 al 19, sembrerà di essere ad Edimburgo, durante i giorni caotici del fringe festival, il carnevale laico e un po' anarchico delle arti performative per eccellenza. Il Borgo Festival ha aperto le danze all'insegna dello slogan 'Una risata vi seppellirà' con brass bands, trampolieri e fuochi d'artificio che hanno accompagnato il pubblico all'interno del Castello Orsini, animando le vie del borgo medievale, per celebrare la folle meraviglia del ridere.

Una risata vi seppellirà è il tema di un'iniziativa che ormai si ripete da alcuni anni, coinvolgendo un numero imprecisato di compagnie e artisti che si avvicendano all'interno del suggestivo centro storico e dell'imponente Castello Ducale, attraversando epoche storiche, dal MedioEvo all'era moderna, passando per l'Umanesimo e il Rinascimento.

Brass bands, trampolieri, giocolieri e fuochi d'artificio introducono al cortile in cui "si fondono la forza bellicosa del Mastio con l'eleganza del doppio ordine di archi a tutto sesto sormontati dalla bianca scalea che conduce spiega Antonella Ciccalese - al piano nobile della residenza ursinea mollemente adagiata al caldo sole di mezzogiorno", e dove si può gustare un piatto della tradizione culinaria locale annaffiandolo con un bicchiere di vino prodotto nelle splendide campagne circostanti, prima di iniziare il percorso tra sale affrescate e comunicanti per rivivere, almeno per qualche giorno e con l'ausilio di un pizzico di fantasia, i fasti delle manifestazioni medievali e rinascimentali.

Dalla terrazza cinta da merli guelfi che introduce all'ala quattrocentesca si possono ammirare, oltre al panorama collinare tipicamente centroitaliano, danze caraibiche e azioni performative che coinvolgono gli spettatori per guidarli fin dentro l'ala costruita da Niccolò Orsini nel 1493 dove è possibile assistere a spettacoli di flamenco in forma quasi privata (gli spettatori entrano a turno, con un numero massimo di venti persone, importante prenotare all'ingresso), si passa attraverso un incontro ravvicinato con burattini un po' intristiti per poi assistere a performance di danza contemporanea e balletto. Concerti e spettacoli teatrali si avvicendano nel palco sottostante e tra danze, fuochi d'artificio, trampolieri e giocolieri, burattinai, artigiani, attori, musicisti, comici e tanti bambini si può ben sorridere e immergersi nel mondo della fantasia per qualche ora, ammirando produzioni artigianali tra le stanze di un castello ducale a pochi chilometri da Roma.

©© Valentina Cosimati

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15.7.10

 

Radicalmente

Visioni di futuri e presenti possibili, tra pensieri e idee in movimento nella galassia radicale.

11.7.10

 

Frammenti di vita quotidiana: Sarajevo


A pochi passi dall'Holiday Inn, l'albergo dove si accalcavano i giornalisti in cerca di foto sensazionali, sul corso principale Marsala Titova che collega le modernissime Unitic Towers con Bascarsija, un gruppetto di persone si attarda a parlare animatamente davanti alla Cattedrale cattolica che si prepara alle festività in un clima decisamente natalizio. Nella zona austroungarica nel frattempo il muezzin chiama a raccolta i fedeli per la preghiera della sera nella vicina Moschea Ferhad Begova e il suono si confonde pacificamente con quello delle campane della Chiesa ortodossa, accanto alla Sinagoga.

La conversazione ha il ritmo di un'eruzione vulcanica, si accende esplodendo in esclamazioni di vera e propria rabbia e si placa con fiumi di parole incandescenti. L’oggetto della discussione sembra molto importante: nonostante il freddo glaciale e il calar della sera nessuno accenna a volersi incamminare verso i rispettivi luoghi di culto o verso il primo locale per sedersi davanti ad un tradizionale caffè e vedere di risolvere la questione in modo piano e civile, ovvero assaporando lokum imbevuti nel bosanski kafa. I bambini giocano a guardie e ladri con i poliziotti che tentano invano di inseguirli sullla piazza ghiacciata, e il gruppo sembra avere un fremito.

‘Vidi, vidi… Dragomir, Ahmed, Peter U KUCI!’

L’imperioso e inconfondibile urlo di una madre balcanica che impone ai piccoli incoscienti e ribelli di rientrare a casa non tanto per rispetto nei confronti della polizia, che qui ha un potere molto relativo, quanto per scampare al pericolo reale.

Il fiume di lava si ingrossa, ora le voci di donne si fanno più forti, non è possibile proseguire oltre, qualcosa bisogna fare.

Come in tutte le città di montagna, anche a Sarajevo la prima neve è salutata con un brivido di piacere che prelude al divertimento, gli appassionati trascorrono i primi weekend negli impianti sciistici che riaprono per la gioia di grandi e piccini e il corso cittadino si riempie di amici dai paesi circostanti venuti a trascorrere un fine settimana sulle piste. Snowboards, sci e abbigliamento sportivo campeggiano nelle vetrine dei negozi e non è infrequente imbattersi in vere e proprie gare in pieno stile neorealista tra ‘guardie’ in uniforme e ‘ladri’, ragazzini che si divertono a lanciare palle di neve agli autobus gialli su cui troneggia la scritta ‘Japan’, davanti alla Dom Armjie. Qui in inverno non è difficile vedere gli anziani giocare in piazza con gli scacchi giganti, tra donne in hijab, che insieme ai veli griffati sono comparsi sempre più numerosi nella capitale bosniaca, e musulmane in vertiginosi tacchi a spillo che sfidano le leggi di gravità più elementari con una straordinaria abilità da equilibriste. I caffé dove riscaldarsi e prendere un infuso di ibisco, una centrifuga di frutta o fare l’aperitivo con del buon vino e degli ottimi affettati di manzo sono sempre pieni di persone del luogo e di stranieri delle forze internazionali di stanza nei Balcani.

Il freddo pungente non sembra aver alcun effetto calmante sul gruppetto e la discussione diventa sempre più incandescente, le voci sovrastano le spensierate programmazioni di weekend montani e le conversazioni impegnate su arte, cinema, filosofia, politica e moda. Molti si dirigono verso Jahorina, a Sud Est di Sarajevo, a metà tra il territorio della Republika Srpska e la Federazione della Bosnia Erzegovina; dove si sono svolte le gare femminili delle Olimpiadi invernali nel 1984, molte strutture sono ben funzionanti e oggi è una meta ambita per gli amanti dei fuori pista in snow-board, magari facendo attenzione a non andare nelle zone minate. Altri preferiscono la vicina Bjelašnica, 2067 metri sul livello del mare, nota agli sciatori per l’oro olimpico dell’americano Bill Johnson. Queste montagne hanno molte storie da raccontare, ma i sarajevesi hanno una gran voglia di dimenticare gli orrori del recente passato e godere ogni singolo attimo della propria vita. Forse è per questo che si dice che bastano due bosniaci in una stanza per avere una festa, forse il mix di culture a 30 gradi sotto lo zero, fatto sta che nelle montagne che circondano Sarajevo è ora possibile, finalmente, trascorrere delle settimane bianche all’insegna del divertimento.

Lo spirito di avventura è ovviamente un ingrediente necessario per poter godere appieno delle piste innevate.

Non per gli impianti, però, che sono rodati e perfettamente funzionanti. Né tantomeno per le piste, che pure sono piuttosto impegnative; o per gli alloggi - che vanno dai romanticissimi chalet immersi nella foresta a pochi metri dalle piste di Jahorina, agli alberghi per famiglie numerose di Bjelašnica, fino alle moderne strutture alberghiere della vicina Sarajevo, in cui ci si può anche lasciare andare allo sfizio dormire nel quartiere ottomano per mille e una notte in versione contemporanea e sotto un manto di neve resa brillante dalle mille luci delle celebrazioni delle festività cattoliche, musulmane, ortodosse, ebraiche. Il coraggio ci vuole per camminare nelle strade pedonali e sui marciapiedi.

Anche se i cecchini non prendono più di mira i passanti e le granate hanno smesso da tempo di terrorizzare la città, quando ci si avventura nell’allegro caos sarajevese si deve stare veramente attenti a non camminare, come verrebbe spontaneo quando piove o nevica, sotto i cornicioni o vicino ai palazzi. Le precipitazioni atmosferiche a Sarajevo causano anche un fenomeno particolare che ad un primo sguardo fa pensare ad una catarsi di massa richiamata dal brillio delle nevi.

Dopo anni di assedio, in cui una passeggiata in mezzo alla via equivaleva ad un vero e proprio suicidio, farsi volontariamente preda della follia casuale dei proiettili dei cecchini, i sarajevesi si ammassano nel centro delle strade per senso di liberazione, per sfida, per sentimento di rivalsa, potrebbe pensare lo sprovveduto turista e ovviamente il fenomeno c’è ma non ha nulla a che vedere con la catarsi collettiva.

Come spesso accade la spiegazione è molto più semplice e pratica: dai cornicioni dei palazzi piovono lastroni di ghiaccio grandi quanto un’automobile, che a volte, ovviamente, uccidono o feriscono gli ignari e increduli passanti.

Ed è proprio questo l’argomento di cui discute così animatamente il gruppetto di persone davanti alla Cattedrale del Sacro Cuore di Sarajevo.

In città i paraneve sono andati distrutti durante la guerra, insieme al palazzo della Presidenza, alla Biblioteca, alle case e a quel magico equilibrio di culture che sta rendendo possibile una ricostruzione dopo gli orrori della pulizia etnica. Ne esistono di vari tipi, con decorazioni fantasiose o con i disegni tradizionali, a forma di goccia rovesciata o a pettine, nei colori più vari, verdi, neri o bruniti. Decorano i tetti delle case del Nord, dei paesini che ci fanno immancabilmente pensare al presepe di Natale: ma in realtà sono quell’indispensabile strumento che consente ad abitanti e visitatori di godere appieno delle gioie di un inverno tradizionale. A Sarajevo, però, insieme alle mine antiuomo tarate sul peso di un bambino di 4 anni che ancora infestano il territorio circostante, sono uno dei principali pericoli di morte e mutilazione.

Camminare per le strade della Parigi dei Balcani, nonostante l’allegria, il calore umano e la straordinaria ricchezza paesaggistica, è ancora oggi una questione delicata, non piovono granate ma lastroni di ghiaccio di 4 o 5 metri in caduta libera da palazzine di sei piani.

©©Valentina Cosimati

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9.7.10

 

Frammenti di vita quotidiana: Sderot, Israele


A Sderot, a meno di un chilometro dalla Striscia di Gaza e ad un’oretta di macchina da Tel Aviv o Gerusalemme, viene nostalgia del traffico, di quella spensierata frenesia quotidiana che si respira nella Vecchia Europa o nel Nuovo Continente. Il rumore snervante dei clacson e dei motorini con la marmitta scassata qui ha lasciato il passo ad un suono penetrante, improvviso, ogni volta imprevisto e imprevedibile. Un suono che inonda tutta la vallata e i territori circostanti, fa salire freddi brividi lungo la schiena. Preannuncia una pioggia di missili lanciati contro i civili impegnati a vivere, dormire, portare i figli a scuola, fare la spesa. Sderot è una piccola cittadina di emigranti, quasi tutti di religione ebraica, giunti in Israele alla ricerca di un luogo sicuro, molti provengono dall’ex Unione Sovietica e sono arrivati con l’ondata migratoria degli anni ’90. La loro vita ora è scandita dall’allarme rosso, il suono che riempie il Negev, lanciato dal sistema di rilevamento ‘Alba Rossa’. Lo stomaco si stringe in un pugno di nervi e istinto di sopravvivenza. Comincio a contare: [1] Migliaia di gambe e occhi corrono, si nascondono, cercano rifugio, migliaia di cuori battono all’unisono in un’ordinata fuga verso la vita. Il pericolo maggiore è aggirarsi per le strade in macchina, inutile dire che è difficile vedere biciclette, tricicli o pattini a rotelle in questo angolo di mondo. [2] L’attacco arriva improvviso. I missili non sono ‘intelligenti’, fanno parte di quello che, con una buona dose di cinismo, si potrebbe definire ‘artigianato locale’. Per lo più si tratta di kassam - tubi di ferro lunghi poco più di un metro, con un diametro di circa 10 cm e uno spessore di non più di 3 [3] cm, quattro ali saldate evidentemente a mano con una saldatrice comune, una di quelle per il bricolage va benissimo. La struttura non garantisce una stabilità di volo, non si può prevedere dove andranno a colpire, per cui vengono riempiti con tutto quello che si ha sottomano, chiodi, bulloni, ferraglia [4] molta sabbia e un po’ di polvere da sparo. Quando esplodono non colpiscono un bersaglio ma si sparpagliano in tanti frammenti in modo da ferire il numero maggiore di civili. Una donna con jeans, polo bianca, occhiali griffati e scarpe comode sta accompagnando un gruppo di bambini di diverse nazionalità [5] alla fermata dell’autobus. I kassam vengono lanciati principalmente la mattina, tanto per mantenere vivi quei frammenti di memoria di normalità. Il ricordo delle corse per arrivare in tempo a scuola o in ufficio riaffiora inevitabilmente alla mente. La fermata dell’autobus è un luogo sicuro, un rifugio [6] dove correre per ripararsi dalla pioggia di missili dopo aver sentito un potente tuono che scuote famiglie intere dal torpore del tran tran quotidiano. Il rischio è che uno di quei pezzi di ferraglia raggiunga un organo vitale [7] o magari non vitale, un occhio, una gamba, la milza. Meglio affrettarsi. Una rete di controllo capta i missili al momento del lancio e la sirena fa scattare gli oltre 20.000 abitanti della cittadina poco lontana da Gaza a qualunque ora del giorno e della notte. Comunque, [8] non c’è traffico. I bambini non parlano, sanno di cosa si tratta, non fanno domande, attraversano la strada. Non [9] comprendono bene ma conoscono quella plumbea sensazione di pericolo che appesantisce l’aria. E sanno che non c’è tempo per le domande e per i capricci. A pochi ma lunghissimi metri nel centro ricreativo, qualcosa di simile ad una bocciofila-bunker, il personale addetto ha già avviato al rifugio interno pressoché tutti gli [10] anziani. Molti di loro sono sopravvissuti alla Shoa, hanno una gran voglia di vivere. Troppo lontano, per lo meno dieci metri. Per il piccolo rifugio alla fermata dell’autobus non c’è problema, pochi passi ancora. Proprio qui a Sderot c’è uno dei centri più importanti per la cura dei traumi psicologici [11] causati dalla guerra e dal terrorismo. Gli esperti del centro aiutano anche altre realtà nel mondo, luoghi in cui genocidi e guerre hanno devastato la stabilità mentale delle vittime, o meglio di chi è sopravvissuto, magari al proprio figlio. Un pensiero alle persone care, agli amici, alla famiglia. Le [12] strade sono deserte l’allarme riempie il vuoto assordante della mancanza di rumori della quotidianità. La voglia di vivere si trasforma in disperato istinto di sopravvivenza. Nell’Ipod della ragazzina in attesa di entrare nel rifugio, le note rock melodiche Mabul Heavy - Rain (pioggia pesante) di Keren [13] Peles si scontrano con l’assordante suono dell’allarme rosso. La locandina del concerto troneggia nel diario rosa. ‘Appuntamento a Sderock, We’ll Rock you in the Red Zone’, c’è scritto in inglese. L’indirizzo non è riportato ma qui lo conoscono tutti, è nel club bunker. L’inconfondibile porticina verde [14] da cui si viene catapultati come Alice nel Paese delle Meraviglie nella scena sotterranea, underground, della cultura israeliana. Un posto tranquillo, completamente anti-missile, l’unica scocciatura è entrare e uscire dal locale. Bisogna organizzarsi in modo da non creare file all’esterno. ‘Domani sera [15] che mi metto?’ sembra pensare l’adolescente annoiata mentre la voce di Keren Peles si disperde. I missili si avvicinano, inesorabilmente pronti a colpire. La donna conta i bambini nel rifugio, ci sono tutti? Gli anziani sono abituati a mettersi in salvo, collaborano attivamente con il personale. Sedici [16] lunghissimi secondi tra il suono dell’allarme e l’arrivo della pioggia di kassam. L’esplosione scuote i nervi, riempiendo l’aria di proiettili fai-da-te, rabbia e odio. A volte seguono le urla strazianti e la piacevole sensazione di essere ancora vivi diventa senso di colpa per chi, forse, non c’è più.

©©Valentina Cosimati

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8.7.10

 

Sole timido e sole pigro Sun shy and lazy sun

From Visions, Rome Province * Visioni, Provincia di Roma
From Visions, Rome Province * Visioni, Provincia di Roma

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7.7.10

 

Umore umidiccio 2

SOLIDARIETA' AGLI AQUILANI

Umore umidiccio 2
colazione

doccia

ascolto di rassegna stampa e controllo SNTs

lavaggio a mano di quasi 30 tra vestiti, pantaloni, giacche

lavatrice

interazione comunicativa fulminea

asciugatura pavimento

pranzo veloce di frittatina con zucchine dell'orto

riposino

controllo internet

caffé

ah già la solita storia, ho dimenticato di vivere, domani, dopodomani, tra una settimana....

6.7.10

 

Umore umidiccio

Lavaggio macchina accurato a mano

Annaffiatura pomodori e zucchine

Cena
Aggiornamento SNTs

Letture e ginnastica

Lavaggi

Sonno

Colazione

Doccia

Traffico

Spese

Conferenza stampa

Traffico

Spesa

Pranzo a base di frutta

Pulizia casa velocissima

Aggiornamento SNTs

sì bello, ops temo di aver dimenticato qualcosa.... ah sì, vivere, ah beh domani o dopodomani.....

5.7.10

 

Visioni, Orbetello e Argentario, Toscana * Visions, Orbetello e Argentario, Toscana

Orbetello e Argentario * Visioni, Toscana * Visions, Tuscany

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3.7.10

 

Fiano Romano * Visioni, Provincia Roma * Visions, Rome Province

Fiano Romano * Visioni, Provincia di Roma * Visions, Rome Province

2.7.10

 

Roma Rome

Roma * Rome

30.6.10

 

Provincia di Roma

Views from the Rome Province * Visioni dalla provincia di Roma

27.6.10

 

Bravi, bis! Un vascello luminoso a Villa Adriana


Non ci sono parole per descrivere tutta la gamma delle emozioni umane, o forse esistono e sono rintracciabili nelle opere di scrittori immensi, forse scorrendo e leggendo le loro frasi e mettendole insieme si potrebbe, probabilmente ma non è detto, arrivare a percepire l'intensità e le sfumature di tutte le emozioni più pure, sincere e scarnificate da orpelli di banalità che noi comuni esseri di questo mondo, possiamo provare se abbiamo il coraggio di viverle nell'arco di anni e a volte di tutta una vita. La coreografa israeliana Noa Wertheim con la compagnia Vertigo ieri ha mostrato al pubblico estasiato, rapito, emozionato, di festiVAl, nello straordinario e pertanto difficilissimo palco di Villa Adriana, che forse le parole a volte sono pesanti macigni ma i movimenti coreografici sono la più meravigliosa, assoluta e intensa espressione di vita. Nella religione ebraica, per chi crede nel supremo creatore, la preghiera più vera e profonda è quella danzata, il massimo inno alla vita, alla gioia e pertanto alla grandezza dell'artefice dell'universo è danzare, suonare e ancora ballare, non danze da baccanale dionisiaco, bensì movimenti liberi e misurati che sappiano esprimere il ringraziamento per essere capaci di tale e tanta meraviglia. Forse, sempre per chi ci crede, il grande creatore del mondo ringrazia a sua volta il popolo di Israele con l'ispirazione per costruire coreografie come Vessel of Light e con la capacità ai danzatori di interpretare l'assoluto.

Lo spettacolo in sè potrebbe sembrare, guardando il programma, una coreografia di teatro danza di scuola europea simile a tante altre, più o meno ben eseguita, più o meno interessante per i temi trattati, più o meno commovente, ma comunque uno spettacolo che può emozionare un pubblico di profani e donare alcuni brividi di piacere ai veterani dell'arte di Tersicore.

Ieri sugli scomodi scranni di plastica rigida tra folate di vento umido e freddo che sferzava la platea c'era un pubblico eterogeneo e tutti gli occhi, tutti i corpi, tutti i cinque sensi e anche quelli che non sappiamo di avere, sono restati incantati da quei corpi, coperti di vestiti ingombranti e scuri, che attraversavano le linee formate dalla parola מאנא (mana) su uno sfondo bianco ghiaccio minimale, esprimendo in un'ora quello che le voci e le parole dei più grandi scrittori, le pennellate dei pittori più eccelsi, le pietre lavorate dagli scultori più sublimi hanno cercato di raggiungere nella loro vita.

Caravaggio e Canova, Shakespeare e Omero, Michelangelo e Leonardo erano lì, in quel momento, in quel luogo, ad ispirare quei ballerini a danzare il più prezioso inno alla vita che si possa realizzare: l'intera gamma delle emozioni umane rese piene dal coraggio della verità.

Potrei descrivere i passi a otto e i pas des deux, potrei raccontare i passaggi sulla diagonale, gli assoli (pochissimi a dire il vero), potrei parlare della capacità della coreografa di lavorare sul movimento degli interpreti evidentemente provenienti da background tecnici differenti, o ancora puntare il dito su alcune lievi sbavature o annotare la capacità di rielaborare elementi della tradizione e della memoria di Israele con l'intensità del vivere quotidiano, potrei anche riconoscere nella scenografia uno dei tanti life-shelter dove gli israeliani si rifugiano quando piovono qassam ma anche la struttura dell'eco-art village, potrei anche parlare del filo (non rosso ma bianco e nero) della Shoah che attraversa lo spettacolo come il palloncino nero delle emozioni che aleggia dentro e intorno allo spazio scenico o forse potrei parlare della voglia, del desiderio, della necessità della libertà, che è prima di tutto libertà di vivere, o ancora delle musiche ben armonizzate con la coreografia.

Ma tutto questo non potrebbe spiegare, neanche applicando i principi di Dalcroze o le illuminate parole di Isadora, perché nel pubblico nessuno ha notato i quindici minuti di ritardo dell'inizio della performance, o la stellina che ha fatto l'occhiolino tra le impalcature, o la luna quasi piena che illuminava con i suoi raggi uno dei più bei parchi archeologici a cielo aperto del mondo, o si è accorto del freddo, si è alzato dai sedili scomodissimi durante o a fine spettacolo, e invece non ha mosso un dito per tutta la durata dello spettacolo e alla fine ha applaudito fin che ha potuto, ha battuto i piedi all'unisono, ha urlato di gioia.

Per questo Vascello di luce vale la massima 'esistono soltanto due tipi di spettacoli, quelli buoni e quelli brutti'.

E MANA Vessel of Light è eccellente, con lode e bacio accademico.

©©Valentina Cosimati

Links
FestiVAl Villa Adriana
Vertigo Dance Company
UNESCO Commissione Italiana
Villa Adriana su sitiunesco.it
EcoArt Village

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Tibet? No, San Polo, Provincia di Roma

sanpolo

26.6.10

 

Gnammy! Ricette di Valentina * Valentina's receipes

Gnammy! Ricette di Valentina * Valentina's receipes

 

Views from the Rome Province * Visioni dalla provincia di Roma

365 days of Views from the Rome Province * 365 giorni di Visioni dalla provincia di Roma

6.6.10

 

festiVAl! Danza contemporanea nelle terme imperiali


A ridosso della Biennale Danza, diretta anche quest'anno dall'energico Ismael Ivo, è il momento della IV edizione di festiVAl, la rassegna di danza e arti performative che allieta gli occhi assetati degli amanti della danza contemporanea non soltanto romani. Se la kermesse veneziana è stata caratterizzata dal Leone d'Oro all'algida perfezione del lavoro di William Forsythe e il direttore artistico ha prediletto atmosfere canadesi, australiane e svedesi, festiVAl mette in scena il mondo della danza contemporanea in una cornice che ha poco o nulla da invidiare alle meraviglie a cielo aperto della città veneta. Sarà possibile ammirare suggestioni speziate delle produzioni di alcuni tra i più importanti coreografi contemporanei internazionali all'interno di uno dei luoghi più suggestivi al mondo, Villa Adriana di Tivoli, patrimonio Unesco.

Si entra nel parco della villa guidati da una scia decisamente suggestiva di torce e candele alla citronella mentre il tramonto sulla città eterna coccola gli occhi degli spettatori, spesso coperti da scialli simili a degli antichi romani, che si dirigono verso le Grandi Terme, uno tra i siti archeologici a cielo aperto più grandi del mondo, dove viene allestito il teatro all'aperto.
Gli scialli sono altamente raccomandati: passata l'ebbrezza per il tramonto a dir poco spettacolare la fresca umidità del parco si fa sentire e gli spettatori 'novelli' potrebbero anche cominciare a smaniare sui sedili. Gli organizzatori, d'altronde, sanno bene che tenere dei romani incollati su sedie di un'arena a cielo aperto in uno dei siti archeologici più belli del mondo non è cosa semplice, anche se si tratta di una villa voluta da un imperatore con il gusto del bello e della meraviglia del paesaggio, con la possibilità quasi unica di osservare costellazioni e panorami mozzafiato. Negli anni han dovuto quindi elaborare una programmazione che sappia incantare anche il viziatissimo pubblico romano e questa edizione è una conferma della qualità di festiVAl.

Le danze si aprono il 15 e 16 giugno con la prima nazionale di Gnosis che il coreografo e danzatore anglo-indiano Akram Khan, presenza appasionata e appassionante nel panorama italiano, ha sviluppato in collaborazione con i maestri di danza kathak Sri Pratap Pawar e Gauri Sharma Tripathi e con un ensemble di musicisti d'eccezione, artista ospite Yoshie Sunahata dei Kodo, una delle compagnie di percussioni e tamburi acrobatici giapponesi più prestigiose e famose del pianeta. La performance, sviluppata all'interno del percorso di scoperta delle identità multiple interagenti e comunicanti nello spazio tempo dei mondi contemporanei, promette bene e ha già ottenuto il favore del pubblico e della critica internazionale. Un varco nel cielo cinese ci porterà il 22 e 23 giugno le canzoni dei girovaghi con Songs of the Wanderers del Cloud Dance Theatre of Taiwan, la prima compagnia di danza contemporanea in paesi di lingua cinese. Sabato 26 Noa Wertheim presenterà il suo MANA - Vessel of Light un contenitore dove esplorare le intersezioni di maschile e femminile, ma anche un vascello luminoso e non è forse troppo azzardato immaginare che di questa produzione si parlerà non soltanto per il contenuto artistico, sebbene nel lavoro della coreografa israeliana, piuttosto introspettivo, non vi siano riferimenti espliciti alla realtà politica.
Gran finale per il progamma danza il 16 e 17 luglio con Babel, terza performance che chiude la trilogia coprodotta dalla Fondazione Musica per Roma, iniziata con Foi e Myth in una vera e propria esplorazione dei concetti di identità, nazionalità e religione ideata dal coreografo belga marocchino Sidi Larbi Cherkaoui con tredici danzatori e cinque musicisti da tredici diversi paesi di cinque continenti.

Appassionanti anche le sezioni di musica e teatro che aprono il primo luglio con Pierino e il lupo di Prokoviev e la Sinfonia numero 7 di Beethoven, in un dialogo tra l'Orchestra dell'Accademia Nazionale di Santa Cecilia diretta da Carlo Rizzari con la voce recitante di Filippo Timi, per proseguire con l'imperdibile Tancredi e Clorinda di Monteverdi ideato dal pupista e cuntista Mimmo Cuticchio, straordinario e pluripremiato interprete dell'arte secolare del 'cunto' che ha saputo far rivivere le gesta dei personaggi della chanson de geste con i suoi pupi e il bastone tipico del racconto siciliano, il cui lavoro è iscritto nel patrimonio dei beni immateriali dell'Unesco. Dall'8 al 10 luglio, l'appuntamento è con il teatro-circo di Aurélia Thiérrée che presenterà L'oratorio di Aurélia, un vortice di immagini, colori e suoni in cui predomina la fantasia e il sogno, ideato e diretto dalla madre, Victoria Chaplin, che l'ha iniziata fin da piccola al nouveau cirque con viaggi interminabili in roulotte attraverso il mondo, accompagnata dal fratello James e dal padre Jean-Baptiste Thiérrée. Il 13 luglio Rava Noir in cui Enrico Rava e PMJL - Parco della Musica Jazz Lab giocheranno in musica con un film di animazione su tavole di Altan. festiVAl si concluderà con il concerto di Elvis Costello e degli Sugarcanes.

Non c'è che dire, gli organizzatori hanno svolto davvero un lavoro eccellente nella definizione di un programma decisamente interessante, ora non c'è che da prenotare e vedere se le promesse della programmazione verrano onorate e, purtroppo, da segnalare un piccolo neo: l'assenza di coreografie italiane.

Villa Adriana si raggiunge in macchina dalla Via Tiburtina, dall'A24, con gli autobus del Cotral o con una navetta in partenza dall'Auditorium Parco della Musica.

©©Valentina Cosimati

Link:

Auditorium Parco della Musica Roma
Unesco, sezione italiana

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31.5.10

 

Accenni d'estate

Accenni d'estate
Costa Smeralda

13.5.10

 

Notte dei Musei a Roma

Concerti, performance, laboratori didattici, visite guidate e incursioni pacifiche nei musei e nei centri culturali della capitale, eventi fruibili per lo più gratuitamente tutto in una notte a partire dalla sera di sabato 15 fino alle prime ore di domenica 16 maggio.

Nel rispettare la tradizione delle notti bianche romane, le previsioni del tempo per la notte dei musei annunciano pioggia e temporali, per cui sarà bene munirsi di apposite scarpe comode e showerproof, mini ombrelli e impermeabili... certo, l'iniziativa val bene il rischio di un acquazzone.

Non sarà possibile emulare i Dreamers di Bertolucci o il trio Bande à part di Godard per lanciarsi in folli corse nei corridoi del Louvre, però si potrà interagire con le opere d'arte, entrare nelle stanze di palazzi spesso chiusi al pubblico o di difficile fruizione e fare un giretto politicamente corretto nelle sale del potere presente e passato.

Circondati dalla movida romana del sabato sera, si scopriranno le magie colorate e un po' stregonesche delle scienze esatte, i grandi interpreti del Risorgimento italiano si sfideranno a colpi di parole nell'interpretazione di personaggi della nostra epoca, note barocche risveglieranno i fasti di antichi palazzi della nobiltà romana e chissà che qualche ectoplasma non si materializzi accanto al gruppo di visitatori notturni.

Immagini, sapori e profumi della nostra storia si uniranno a suggestioni di culture ben radicate nel territorio romano, grazie all'impegno straordinario degli istituti di cultura, delle biblioteche e delle librerie.

Molti i percorsi immaginabili per adulti e bambini, assolutamente da personalizzare. Questa la mappa con tutte le location e il programma dettagliato.


©©Valentina Cosimati

12.5.10

 

Videolink * La fabbrica dei sogni

Il video promo delLa fabbrica dei sogni Compagnia Excursus

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29.4.10

 

autobus romani: i pendolari esperti


I passeggeri delle oltre seimilacinquecento linee di autobus urbani a Roma, senza contare i tram, i trenini metropolitani, i treni regionali e la metro, costituiscono un vero e proprio microcosmo all'interno della città che racchiude due stati e mezzo. La prima, fondamentale distinzione è tra pendolari ed esperti e neofiti e turisti.
I pendolari prendono l'autobus nei giorni lavorativi in orari ben definiti, utilizzano percorsi calcolati con precisione assoluta e hanno studiato opzioni di riserva pronte all'uso nel caso di imprevisti effettivi, che non includono ovviamente le manifestazioni laiche e religiose e i grandi eventi sportivi che si avvicendano nel centro cittadino a giorni alterni con picchi di cinque o sei sul medesimo percorso della stessa linea.
Il pendolare si riconosce grazie alle straordinarie capacità di individuare e intercettare i sedili liberi o in procinto di liberarsi, di essere sempre fornito di qualunque giornale freepress sia presente su piazza, e dall'armamentario di oggetti all'apparenza innocui che trasporta con sé trasformandoli all'occorrenza in veri e propri utensili di sopravvivenza urbana.
Il pendolare sa captare il passeggero sprovveduto e, in fermata, è capace di scoraggiare chiunque a salire sull'autobus su cui intende viaggiare con spiegazioni, inganni, ipnosi e azioni di trasformismo. Il pendolare esperto è organizzato e coalizzato, ad ogni fermata è possibile individuarne esemplari dall'aria innocua muniti in realtà di perfide strategie di dissimulazione. Camaleontico, si mimetizza tra i neofiti, trarrebbe in inganno anche Hercule Poirot, si assottiglia nel cono d'ombra del tabellone con le indicazioni sulle linee notturne che a quell'ora neanche un turista consulterebbe, scambia messaggi sms con i pendolari delle fermate precedenti e successive in una sequenza ispirata a tam tam dei nativi americani, tanto precisa che la NASA sta cercando di studiarne il funzionamento e gli orologiai svizzeri tarano i meccanismi perfetti delle loro creazioni sul ritmo sequenziale delle vibrazioni dei telefonini, semplicemente per controllare ed eventualmente agire sul livello di affollamento della vettura. Nel caso, infatti, di un numero eccessivo di passeggeri, parte la prima raffica di sms con conseguenti azioni performative urbane, antesignane dei moderni flashmob, in cui si inscena la teatralità più profonda della società italiana.
Un fasullo sciopero improvviso dei pulitori delle vetture che non è stato segnalato dal notiziario, a volte i neofiti li consultano prima di decidere di utilizzare gli autobus di linea, perché non organizzato a livello nazionale ma soltanto circoscrizionale indi ragion per cui è assolutamente sconsigliabile aspettare quella linea di bus che tanto non passerà perché in partenza dal capolinea nella circoscrizione in cui c'è lo sciopero dei pulitori e quindi da lì non partono, meglio, decisamente meglio, fare qualche metro a piedi e dirigersi verso la vicina linea di tram che porterà alla metropolitana certamente più veloce.
Una manifestazione che cambierà il percorso 'dove deve andare lei?' chiede il pendolare con fintissima compassione al neofita ignaro e già un po' preoccupato, 'ah e non vorrà mica prendere il 110/95???' All'ignaro si disegna un punto interrogativo sul volto, segno inequivocabile che il gancio potrebbe funzionare, 'no glielo dico perché oggi fa un percorso diverso, e infatti io non lo prendo mai perché fa un'altra strada ma oggi mi ha telefonato la suocera della cugina del fioraio che abita accanto alla portinaia dello stabile del figlio del panettiere che ch'a un cognato che lavora accanto all'ottico della maestra dei nipoti della signora Lia che ha incontrato il fruttarolo dove mi madre è andata a comprare la cicoria stammatina presto che così la serve meglio e che gli ha detto che oggi dovevo andare alla società dei telefoni a sbloccare il cellulare della figlia dell'amico del nipote del preside della scuola dove va mia nuora perché un compagnuccio gli ha diggitato non so quale codice sulla tastiera e co' ste tecnologgie moderne fanno certi macelli ogni volta ma siccome m'aveva fatto un favore con i morsetti della batteria allora mi tocca andarci a me, e prendo il 110/95 che proprio oggi per una manifestazione dei lavoratori dell'aeroplumeggiamento farà un'altra strada'.
Il neofita è ormai stordito, preoccupato e allarmato per le possibili conseguenze di una variazione nel percorso del bus, la sfilza di parentele e amicizie lo ha fatto cadere nella trappola del pendolare camuffato da utilizzatore casuale di autobus e di una linea pergiunta neanche nel suo tragitto, l'aeroplumeggiamento è parola abbastanza complicata, soprattutto se 'biascicata', smozzicata tra le altre tanto da risultare non inventata bensì mal compresa, ed è pronto ad ascoltare con occhi e orecchie. 'Eh no, guardi le conviene fare un dieci metri a piedi, prende il tranve e poi la metro ché se prende questo 'ndo va? la porta da 'n'altra parte eh non j'è comodo, no je conviene de prende il tranve lì a una decina di metri e poi chiede me pare che forse va verso la metro ma non lo so per certo perché non so tanto pratico cogli auti, sì je conviene chiede quando arriva alla fermata del tranve, e sì, per fortuna che m'ha 'ncontrato e j'ho chiesto 'nd'annava che sennò chissà che giro faceva che poi co 'sto traffico....buonagiornata, prego, prego, arrivederci, ma se figuri, se non s'aiutamo tra noi cittadini, eh sì a Roma se sa, buonaggiornata'. Quando il neofita arriverà alla fermata del tram ovviamente l'autobus in questione sarà già ripartito e il pendolare mimetizzato al sicuro nel suo percorso quotidiano.
La dilatazione dei corpi all'interno della vettura nelle prime fermate è un altro dato essenziale per la riuscita dei vari piani di dissuasione e consiste nella capacità di creare una sorta di cordolo umano in punti strategici quali le portiere, il vetro anteriore vicino all'autista e il vetro posteriore per dare la sensazione della pienezza. Qui il pendolare sciorina i suoi utensili di sopravvivenza urbana con composizioni artistiche di borse, giacche e cappelli che, opportunamente sistemate con sapienza acquisita nel tempo, accrescono l'effetto visivo modello sardine che farebbe passare la voglia di entrare nell'abitacolo anche ai turisti più determinati muniti di teste d'ariete, campioni di rugby della contea e guide multilingue per controllare i refusi, i pendolari hanno qualche anno di esperienza sulle spalle e vari centimetri di tacco in più sotto le scarpe rispetto ai forzuti e corporativi studenti.
Il pendolare esperto è accessoriato con giornaletti freepress, libri da leggere in piedi, libri da leggere comodamente seduti sul sedile preferito, libri da leggere all'andata e libri da leggere al ritorno in caso di nervosismo o impreviste gratificazioni, completo per maglieria con ferri di varie numerazioni, gomitoli, portagomitoli da viaggio, borse a tracolla con leggio cartamodelli portatile, thermos di caffè e cappuccini caldi o freddi in base alla stagione, giacche e cappelli per il mimetismo urbano e le simulazioni scatola di sardina, trousse per trucco e parrucco, giornali acquistati non tanto in base alle preferenze politiche quanto bensì alle coordinate sedile-linea di autobus-corrimano e quindi variabili in base al percorso, bottigliette d'acqua e un numero non inferiore a due telefonini, di cui uno in dotazione dalla compagnia di trasporti al secondo abbonamento annuale e l'altro privato, alcuni hanno anche quello aziendale. Il tutto stipato in borse casuali e all'apparenza, ma attenzione che le apparenze ingannano, normali per dimensioni e forma.

©© Valentina Cosimati

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27.4.10

 

piedi nella sabbia



Metropolitana, passaggio sotterraneo nello spazio tempo , linguaggi differenti si intrecciano a creare una trama leggera. Volti illuminati da raggi artificiali, microcosmi in movimento.
Conto le fermate, non ho molto tempo, una voce femminile da indicazioni nette, in altri paesi sposterebbe un gruppo unico di passeggeri a destra e a sinistra, qui aiuta a capire in quale direzione scattare un attimo prima dell'apertura delle porte, un po' come l'immancabile clacsonata dopo il verde.
Con un salto di milleottocento anni mi trovo dal Colosseo al Palazzaccio, da Vespasiano a Giolitti. Strade risorgimentali trafficate da professionisti delle immagini, principi del foro, pellegrini e piccoli borghesi affaccendati a trascinare preoccupazioni e borse cariche di pratiche e documenti.
Nella sala dei frammenti di memoria si incontrano umanità differenti, frotte o gruppetti di intellettuali stranieri si avventurano alla scoperta di immaginari che li aiutino a comprendere una realtà in cui vivono senza sapere cosa aspettarsi, forse ricercano un momento di familiarità, le cene con gli amici, i film guardati sorseggiando una tisana o un bicchiere di vino italiano. Proiezioni di paesi e mondi in cui si progetta di andare e poi, trovandosi proprio lì, si cerca di ritrovare quelle emozioni nel cinema ideato da un sognatore che ha costruito il suo piccolo cosmo con i sedili di un aereo illuminato da polvere di stelle di pellicole fabbricate nel mondo della fantasia.
Il trenino verso il mare partirà tra venti minuti, meglio sbrigarsi. Un passaggio in moto, svicolamenti feroci tra ali di traffico ed eccomi alla stazione accanto alla piramide ingrigita dall'inquinamento, un souvenir del dialogo tra le genti del Mediterraneo ben precedente le torri gemelle.
Rumori minimalisti, tornelli di metallo, monete nelle macchinette per l'emissione dei biglietti, bip di riconoscimento degli abbonamenti, annunci di arrivi e partenze, si innestano con espressioni di romanità, saluti urlati da un binario all'altro, informazioni sportive, veraci commenti politici. Uno zingaro arancione ha spostato lancette digitali, treccia grigia va a cercarlo per acciaccarlo con i suoi tacchi borchiati, rose rosse come lance. Il profumo inconfondibile della porchetta, rassicurante indicazione geografica. Telefonini, telecamere, buste della spesa e scatoloni si mescolano a segnali di urbanità. Giornali scritti in decine di lingue differenti chiacchierano tra loro, si guardano, si scrutano e cercano tra le righe notizie un po' originali, storie, emozioni da raccontare, cluster di mondi convergenti. Mani febbrili inviano messaggi, brandelli di memorie si attivano, immagini di mari lontani si mescolano a parole sussurrate nei microfoni connessi alla compagnia telefonica più conveniente, quella giusta per le tue esigenze. Pubblicità e suoni sintetici si inseriscono nei sogni, sempre più nitidi momenti di vissuto. Televisioni in movimento, da un momento all'altro sembra volersi materializzare una coreografia bollywoodiana.
Frequenze di colori combattono campi elettromagnetici negativi o li amplificano fino a farli esplodere nello spazio etereo, in arcobaleni che verranno. Rumori e lamentele. Sciami di turisti incuriositi da palazzi e teatri millenari, colti studiosi e scolaresche si alternano sul treno. Ancora due fermate prima di poter immergere i miei piedi nella sabbia.


©© Valentina Cosimati

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26.4.10

 

noia contemporanea


zapping su internet, niente di che
guida programmi tv, niente di niente
radio, sempre le stesse voci
in giro, le solite cose
per strada, traffico
il cellulare, tace
videogiochi, naa
il telefono, a quest'ora?
libri, pagine da riempire, immaginazione zero
l'email, messaggi da leggere, spam e pubblicità
tra noi, parole non dette, silenzi futuri, assenze presenti


©© Valentina Cosimati

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23.4.10

 

autobus romani: autieri, autisti e conducenti



Il o la conducente dell'autobus a Roma si chiama autista o, per gli affezionati alla tradizione linguistica, autiere, e sì perché in un tempo remoto si trattava di mestiere maschile e quindi non esiste un sostantivo neutrale e rispettoso dell'identità di genere e del principio di eguaglianza per definire quello che nella città eterna, si chiama per l'appunto autista, o autiere, o ancora 'capoo' con due 'o'.
Capoo si utilizza generalmente per richieste in dialetto che prevedono ovviamente un comportamento dialettale, dalle fermate non segnalate all'aperura delle portiere per consentire il deflusso di un blob di persone sardine o per scastrare lo zainetto dell'adolescente di turno cui ha suonato sei volte la sveglia prima di riuscire ad alzarsi dal letto grazie alle proteste del vicinato, del cane del signor Nespo, delle scampanellate della signora Lia, degli uccellini, dei galli di campagna che avevano sentito anche loro e si sono recati in bella posta sotto la finestra dell'adolescente il cui zainetto si è incastrato nella portiera mentre con balzo felino da giaguaro raggiungeva il predellino del bus che lo avrebbe condotto a scuola, scatenando la classica richiesta “capoo.. cheapri ar centro che s'è 'ncastrato 'n pischello?”, con susseguente coro di commenti e ridda di aneddoti “Eh ma 'sti regazzini non si svegliano mai in orario” “Eh non è come ai miei tempi quando a piedi si doveva andare o al massimo col calessino” “Eh ma gli auti so' sempre pieni e poi capita che se 'ncastreno sempre 'sti regazzini” “Eh ma però è stato gentile a aprì che l'altro giorno un autista è partito co tutto'o zainetto de fora, è passato un motorino col sidecar (pronuncia sidecar o saidecar) e j'ha tranciato de netto il zainetto che oltre ai libbri ce stava pure un giornaletto de fumetti zozzi che uno dei fojji è annato a fini' contro er casco de 'n pizzardone in moto che pe' fortuna che stava imbottijjato ner traffico pure lui che sennno prima je sparecchiava a faccia e poi 'o portaveno pure 'n galera che io dico ma la madre e er padre 'ndo staveno?”.
L'etimologia di autiere non è così ben definita, ha poco a che fare con il corpo militare degli autieri e ho sempre pensato che fosse una parola macedonia tra cocchiere e conducente d'autobus, perché nonostante le mirabili unificazioni tariffarie, il conducente di tram continua ad essere appellato tramviere o tranviere, ovvero guidatore o conducente der tranve. D'altronde gli autobus a Roma fanno pensare vagamente alle diligenze, le carrozze a cavalli che attraversavano il far west nei film con indiani che cercano di assaltarle e cowboys che si lanciano a proteggerle, nei film americani, però, non negli spaghetti western di Sergio Leone e proseliti.
Gli assalti alla diligenza variano in base all'orario.
La mattina, nella fascia 'scolastica', gli indiani o i banditi sono le orde di turisti fai-da-te o dei gruppi di ammutinati che hanno preferito uscire dall'albergo un'oretta prima, nonostante gli avvertimenti di, in ordine sparso: guide turistiche tascabili in quindici lingue per confrontare i refusi, albergatori, camerieri, gestori di pensioni, autisti di pullman gran turismo, baristi, passanti, conoscenti e pure della signora Lia che, dopo aver svegliato il vicinato al quarto suono della sveglia del ragazzino a cui si è incastrato lo zaino e prima di annaffiare le piante che sennò quella del terrazzo di sotto capace che chiede la riunione di condominio pe' du' goccette d'acqua, si è recata personalmente in loco ad avvisare le orde di turisti che imperterriti hanno deciso di prendere il bus proprio in quella fascia oraria.
Come in tutte le diligenze che si rispettino esiste un servizio di sicurezza interno, niente a che vedere con i palestrati security in auricolari e doppiopetto che si aggirano davanti ai localini trendy o intorno alle auto blu di politici, sottosegretari, ministri, lacchè che ogni giorno sfrecciano a sirene spiegate tra gli imbottigliamenti quotidiani e gli improperi di automobilisti, pedoni e guardie notturne appena andate a dormire, sono piuttosto esempi di difesa corporativistica.
Gli studenti pendolari, infatti, di fronte all'assalto da parte delle orde di turisti, si dilatano, un po' anche per il gusto di contestare la prof di scienze che fa le interrogazioni a sorpresa. Contro qualunque legge della materia si esibiscono nel numero della fusione dei corpi che se li vedesse la prof dovrebbe chiedere la riscrittura del libro di testo; poi questo corpo unico fatto di occhialini, lettori musicali, versioni di latino scaricate da internet, sneakers, pettinature improbabili, zainetti costruiti apposta per incastrarsi fra le portiere degli auti (plurale di autobus), sogni, emozioni, testosterone, paure, illusioni, appunti copiati, e vite da scrivere, si dilata fino a strabordare. Una massa impenetrabile e tuttavia permeabile ai propri simili. Gli appartenenti alla categoria studentesca vengono selezionati dal corpo unico, riconosciuti come parte di quell'organismo vivente e portati dalla propria parte, ovvero fatti salire sul bus nonostante l'affollamento.
L'autiere si schiera dalla parte dei 'buoni' e cerca di fare gesti inequivocabili alle orde di turisti per poi aprire lentamente le porte seguendo il ritmo del corpo unico e consentire così una maggiore libertà di movimento al comitato per la sicurezza interna.
Le orde di turisti sono implacabili, devono raggiungere la località segnalata sulla mappa e non si faranno certamente fermare da un gruppuscolo di mocciosi. Si preparano all'assalto con una testa d'ariete, di solito un turista particolarmente panciuto campione in carica di rugby della contea che si lancia nella mischia con l'effetto di rimbalzare miseramente dopo vari respingimenti corporativi fino all'apertura di un varco tra gli zaini, gli occhialini, le sneakers, le emozioni e i sogni, o fino alla chiusura delle portiere con la complicità dell'Autiere Denominazione di Origine Controllata e Garantita (ADOCG).
Altra tecnica di assalto è quella in cui un turista minuscolo spalleggiato da energumeni allevati ad hamburger, ormoni, patatine fritte e latte vitaminizzato, cerca di forzare il blob con azioni atte a distrarre l'attenzione dei difensori della fascia oraria scolastica. Mentre gli energumeni spingono ai lati, la testa d'ariete del caso cerca di farsi strada tra calzettoni e jeans, spesso seguendo la traiettoria di uno studente individuato nel marasma e munito di apposito lasciapassare, l'inconfondibile zainetto.
Se la testa d'ariete riesce nell'intento, l'ADOCG chiude con scatto repentino le portiere lasciando a mezz'aria il malcapitato che si ritrova a svolgere l'ingrato compito di dissuadere gli scooter a passare a due centimetri dalle portiere in fase di apertura grazie al movimento frenetico a sforbiciata orizzontale delle gambe agitate fuori dal bus, mentre gli studenti utilizzano la parte superiore del turista in questione per una partita a scacchi tra una fermata e l'altra che tanto c'è traffico e l'attesa è lunga.
Ovviamente se un gruppetto di studenti dissidenti si trova a prendere il bus durante la fascia turistica può ben pensare che in fondo in fondo una passeggiatina a piedi ossigena i polmoni anche nella strada più trafficata e inquinata della città.
Al conducente, come ben specificato sul cartello apposto accanto alla cabina, non si deve parlare. Quando qualcuno chiede informazioni sul percorso, lui o lei non distoglie gli occhi dalla strada, accenna un sorrisino appena percettibile allo sguardo esperto dei passeggeri navigati e si esibisce in una serie di indicazioni fuorvianti che porteranno l'incauto questuante dalla parte opposta della città.
I guidatori sono una specie a parte. Abituati a risolvere all'istante problemi all'apparenza complessi, se fossero nominati consiglieri di amministrazione o statisti, gran parte degli scioperi e delle manifestazioni che a giorni alterni si materializzano per le vie della capitale sarebbero aboliti per la semplice ragione che i problemi sarebbero risolti nell'arco di validità di un biglietto integrato a tempo. Taciturni o chiacchieroni, accomodanti, scorbutici, piacioni, allegri, scordarelli, o fischiettatori,, per qualche incomprensibile ragione sono felici di vivere e non si stupiscono più di niente.

©© Valentina Cosimati

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21.4.10

 

Ricordo di un raggio di sole nel piovoso cuore delle Fiandre

La sveglia suona impietosa come tutte le mattine alle 4:44, il mio corpo scatta verso un nuovo giorno, cervello non esattamente connesso. Mi alzo velocemente, deambulo verso la cucina, il caffè è già pronto, meraviglie dell'epoca moderna, una doccia rigenerante, dalla finestra le guglie delle chiese e delle cattedrali mi guardano incuriosite. Poche luci adornarno interni di palazzi sonnecchianti. Indosso gli abiti da lavoro, prima colazione di una lunga serie, spazzolata a denti e capelli, il cielo è ancora nero e gli uccellini dormono riparati nei nidi in qualche grondaia, infilo i piedi nelle scarpe tacco 6, controllo borsa, telefonino, chiavi. Le buste della spazzatura settimanale con il logo ben stampato della municipalità di Anversa preparate la sera prima sul pianerottolo, pronte ad essere portate davanti al portone in attesa degli spazzini. Se sbagli giorno spuntano immediatamente poliziotti in bici per un cazziatone, a qualunque ora del giorno e della notte, implacabili. Attraverso Voegel Markt, la piazza del mercato degli uccelli, una fiera che nei fine settimana attira turisti gastronomici da quello che una volta si chiamava Benelux, e in pochi passi sono sulla via principale diretta alla stazione centrale, cattedrale ferroviaria del secolo scorso. I giornalai non hanno ancora i quotidiani stranieri, ho giusto il tempo per acquistare un caffè bibitone da sorseggiare con calma sul treno delle 6:10. mi addormento sui sedili bordeaux e arancio immediatamente dopo il passaggio del controllore che con certa soddisfazione scruta il mio costosissimo abbonamento mensile, tesserina cartacea gialla con scritte in tre lingue più la traduzione inglese sul retro. Uomini in giacca, cravatta e laptop, donne troppo assonnate per lasciarsi guardare in volto, cicloturisti, pendolari. A Rosendaal, subito dopo il confine, incontro la mia amica, una pendolare conosciuta durante le prime settimane di questa transumanza urbana. Frequenta la scuola di una brand per artisti dei capelli famosa in tutta Europa. Di lavoro fa l'hair stylist ma studia per diventare hair designer e total look fashion artist. Vorrebbe entrare nel circuito dell'alta moda, ed è molto selettiva; mi ha spiegato che al momento non la pagano molto ma in quella struttura ha la possibilità di frequentare il corso e fare carriera, per cui ogni mattina è sul treno con me. Ormai è una consuetudine, lei mi cerca e io tento di darmi una veloce rassettata generale in attesa di scambiare due chiacchiere mattutine e di vedere la sua pettinatura. Tutte le settimane i suoi capelli subiscono trasformazioni radicali, un giorno sono corti e coloratissimi, la settimana successiva lunghissimi e coiffati nel più tradizionale dei look da sposa, in base alle lezioni, per me, che a malapena so tenere una spazzola in mano è un vero mistero di abilità artigiana. Le piace conversare con me anche se il mio lavoro la appassiona ben poco, per cui ometto tutti i dettagli più cruenti o commoventi e cerco sempre di raccontarle qualcosa di 'juicy', 'succoso'. È la mia prima vera prova della giornata: rendere interessante qualcosa che si cerca sempre di dimenticare. Quella mattina le racconto una storia che a me e a lei, di qualche anno più giovane, sembra una memoria lontana di un'infanzia remota. Siamo cittadine di quell'Europa Unita di cui si blatera in pomposi convegni, per noi la libertà di movimento di idee e persone enunciata nei trattati internazionali e conquistata con tenacia da idealisti visionari che nei secoli hanno teorizzato e messo in pratica utopie futuribili è naturale come sorseggiare una tazza di thè o di quella brodaglia caffettosa ormai intiepidita sul tavolino accanto al finestrino. "Sono preoccupata per un mio amico” esordisco cercando di catturarne l'attenzione. Distoglie lo sguardo dalle sue unghie intarsiate con le più avanguardistiche tecniche di manicure, nella scuola per total look designer c'è anche una sezione dedicata alla nail sculpture e al makeup, ormai ho fatto l'abitudine all'assolutezza del mascara e alle linee di ombretto di una perfezione patinata a cui io, nella mia femminile ricerca di un temporaneo abbellimento quotidiano, mi limito ad ispirarmi. Per scomodare la saggezza popolare in fondo tutta Europa è paese e l'empatia nei confronti di qualche persona per cui si nutre una qualche forma di preoccupazione è inizio ottimale per destare improvvisa curiosità.
La luce grigiognola illumina gli isolotti sull'Hollands Diep, frastagliati frammenti di terra emersa galleggiano nelle acque placide del grande fiume che dopo pochi metri si incontrerà con la dolce forza del Nordsee. Pianure ornate da piccole dighe si schiudono davanti ai nostri occhi, arcobaleni di tulipani preannunciano la tiepida primavera neerlandese, si può sentire il cinguettio allegro di stormi di branta leucopsis, l'anatra facciabianca che, narra la leggenda, viene generata direttamente dall'oceano o dai pini, e i richiami delle canapiglie, quando il ritmo calmo del treno rallenta fino a fermarsi per qualche istante, giusto per farci assaporare il tepore metallico del cielo. Pero ha un problema per noi quasi incomprensibile. Siamo arrivate nella moderna stazione Den Haag Holland Spoor e saluto la mia interlocutrice lasciandole per il momento il dubbio sulle sorti del mio amico, sempre meglio far fermentare un po' la curiosità, lei prosegue fino ad Amsterdam. Mi dirigo verso il rimessaggio custodito di bici, la pioggerellina è lieve e verticale, non quella fastidiosa pioggia orizzontale accompagnata da potenti raffiche di vento di certe giornate invernali che a volte mi costringe a prendere il tram. Le due ruote scivolano veloci nella pista ciclabile, arrivo al tribunale internazionale e comincio la mia intensa giornata lavorativa. Incontro Pero e il gruppo di colleghi diventati amici. Lui, come molti altri suoi conterranei sta affrontando un difficile percorso di ricostruzione di vite il cui destino si è incrociato con orrori inenarrabili che rimbalzano periodicamente nei vari angoli del pianeta in forma di notizia per fare sensazione. Il suo cruccio maggiore è quello di far conoscere la sua fidanzata alla madre, non per problemi di timidezze reciproche o di insanabili differenze culturali tra diverse nazionalità, bensì, come accennavo alla mia compagna di commuting transfrontaliero, per una questione di confini geografici. Eh sì perché a poche centinaia di chilometri, nel cuore orientale del'Europa meridionale, poco più a Nord della culla greca della nostra civiltà, esistono ancora antichi cimeli di divisioni nazionali, più che frontiere, barriere permeabili soprattutto se i meccanismi della corruzione risultano ben oliati. Alle 9 i monitor del tribunale si accendono, il ticchettio sulle tastiere dei computer si mescola ai fruscii delle toghe.
Ascolto, osservo, scrivo e invio l'articolo del giorno.

Scontro in aula tra Ashdown e Milosevic
Nella Norimberga dei Balcani si è acceso un dibattito serratissimo tra Slobodan Milosevic e Paddy Ashdow. "Le ho detto che se avesse continuato ad ignorare tutti gli avvertimenti sarebbe finito nel Tribunale Internazionale, ed eccola qui", ha detto Ashdown che ha continuato a rivolgersi a Milosevic come ad un suo collega
Oggi si è concluso l'interrogatorio dell'accusa del primo testimone eccellente del processo a carico di Slobodan Milosevic. La difesa ha quindi controiterrogato Lord Ashdown, dando vita ad una vera e propria tribuna politica in cui sono stati sciolti alcuni dei nodi fondamentali del processo e sono state evidenziate le responsabilità del regime serbo e in particolare dell'imputato, ma anche le ombre dell'Uck, definito da Ashdown un'organizzazione terroristica.
Milosevic non poteva non sapere
Il rappresentante Onu in Bosnia ha ricordato all'imputato di quando è stato da lui ricevuto. "Lei non poteva non sapere quanto stava accadendo, le era stato detto in tutti i modi, anche da Tony Blair" - ha affermato Ashdown rivolgendosi sempre in modo diretto al suo ex interlocutore politico.
"Se lei ben ricorda - ha proseguito l'ex leader liberaldemocratico britannico - io sono venuto a parlare con lei per convincerla a smettere la sua politica per evitare l'intervento della comunità internazionale, per evitare che vi fosse 'l'aggressione Nato'. Le ho detto che se avesse continuato ad ignorare tutti gli avvertimenti sarebbe finito nel Tribunale Internazionale, ed eccola qui"
"Le ho detto che i suoi ufficiali le stavano mentendo", ha proseguito Ashdown riferendosi all'incontro con l'allora presidente jugoslavo in cui Milosevic aveva riferito all'inviato britannico che l'Uck stava violando il cessate il fuoco mentre l'esercito serbo lo stava rispettando. "Gli attacchi nei villaggi continuavano anche dove le era stato detto che erano finiti", ha ricordato Ashdown
L'esercito di Liberazione del Kosovo (Uck)
Lord Ashdown ha chiarito che "c'erano tre Uck" che operavano a differenti livelli, dalla 'protezione' dei villaggi ad una struttura politica organizzata. L'ex leader liberaldemocratico britannico ha anche specificato che "a suo avviso Rugova non aveva un effettivo controllo dell'Uck come sosteneva lui".
In ogni caso era piuttosto semplice per l'Uck, che "ha causato molte sofferenze alla popolazione serba", far passare le armi attraverso il confine albanese, con l'appoggio implicito delle gerarchie albanesi.
"Non ho mai negato che l'Uck facesse attacchi terroristici o che non fossero terroristi, ma lei è andato contro ogni legislazione internazionale, le azioni terroristiche dell'Uck non giustificano in alcun modo le rappresaglie messe in atto con quella violenza da parte del suo esercito", ha affermato Ashdown
"La ringrazio - ha replicato Milosevic - perché nessuno dei testimoni che l'ha preceduta ha ammesso che si trattasse di terrorismo"
"Non ho mai negato il diritto di Milosevic o dell'esercito serbo di fare delle azioni contro il terrorismo ma ho sempre detto a Milosevic che doveva farlo in modo chiaro e non in violazione costante delle leggi internazionali" - ha successivamente e ripetutamente chiarito Paddy Ashdown
C'è una differenza tra lotta al terrorismo e sistematico massacro di civili
Il rappresentante Onu in Bosnia ha parlato di una strategia della tensione messa in atto dal governo di Belgrado per far sì che l'Uck reagisse in modo violento e per creare quindi una giustificazione alla rappresaglia dell'esercito serbo, ma - ha chiarito "non c'è giustificazione per l'abuso di forza militare contro civili inermi in patente violazione del diritto internazionale".
"Le ho detto - ha ricordato Ashdown rivolto a Milosevic - anche che secondo me quello che lei stava attuando non era una lotta al terrorismo ma un modo per provocare la reazione dell'Uck ed avere quindi una giustificazione per aggravare la situazione e far diventare la rappresaglia delle milizie serbe più violenta"
"Ho visto circa 300 persone che vivevano nelle montagne, preferendo lasciare le proprie case nonostante l'inverno rigido, utilizzando patetici travestimenti solo per salvare le loro vite perché erano troppo spaventati dall'azione delle sue forze militari. Vivevano in condizioni di privazione totale pur di sfuggire alla violenza delle sue forze, ho poi aggiunto che ho visto le stime dell'UNHCR che ho immaginato essere più precise delle mie che parlavano di 20.000 profughi che vivevano nelle montagne in seguito alle azioni delle milizie serbe"
"Lei ha agito con una violenza inaudita nei confronti di civili - ha accusato Ashdown - ha massacrato civili inermi e ha distrutto villaggi, con un uso eccessivo della forza militare"
Necessario punire i criminali di guerra
Ashdown ha inoltre ribadito la necessità di un sistema che consenta di perseguire i criminali di guerra a livello internazionale "non solo per la ex-Jugoslavia", ma in tutto il mondo, ribadendo di fatto l'importanza di strumenti di giurisdizione internazionale, come il Tribunale dell'Aja.
Questioni procedurali, slittano le udienze
È iniziata inoltre la discussione sulle misure di sicurezza per i testimoni in regime di protezione. Le udienze in calendario slitteranno quindi fino alla decisione del TPIY sulla delicata questione.

La giornata trascorre senza troppe emozioni, abbiamo tutti voglia di assaporare i due giorni di pausa del tribunale e optiamo per un chill out oltreconfine, con cenetta italiana nella mia casetta belga. In cuor mio spero che il vicino del piano di sotto preparerà anche lui qualcosina, siamo più numerosi del previsto e le mie provviste italiane dovrebbero bastare per una cena tra amici ma la mia natura centromediterranea mi fa sempre pensare che non si sa mai e il cibo non è mai troppo anche quando si cucina per un reggimento intero. Al ritorno lo scenario del treno è piuttosto diverso, famigliole con biondissimi bimbi, gruppetti di viaggiatori diretti a Bruxelles per prendere un qualche aereo lowcost verso le destinazioni più svariate, studenti e turisti del libero pensiero. De Keyserlei più che una strada è un concentrato di varie umanità, ebrei ortodossi appartenenti alle dinastie dei commercianti di diamanti con i payot che scorrono netti su carnagioni diafane, coloratissimi studenti delle prestigiose accademie di moda e costume abbigliati in modo improbabile, panciuti bottegai indaffarati che rivelano in ogni movimento gestualità antiche del loro lavoro, famigliole felici, migranti asiatici, africani e arabi in cerca di un mondo migliore, potentissimi acquirenti di merci molto ben quotate in borsa da qualunque parte del mondo, marinai navigati, birrai creativi e fiamminghi orgogliosi della loro unicità con espressioni un po' dispettose e gnomesche. Le luci dei negozi illuminano la Meir, le campane delle chiese si uniscono al frenetico pullulare di idee innovative e tradizioni secolari. Passiamo davanti alla casa di Rubens, scrigno di tesori del barocco fiammingo, attraversiamo Theatreplein, la piazza del VogelMarkt, campo di sperimentazione per audaci pattinatori e skateboarders, che si esercitano in acrobazie su rotelle a pochi passi da uno dei più importanti teatri cittadini, dalle cioccolaterie artigianali famose in tutto il mondo, dalle viuzze con esclusivissimi negozi in cui si vendono a prezzi esorbitanti sobri dettagli dell'industria del lusso disegnati spesso proprio da quegli stessi ragazzi multicolor che sono riusciti a far salire sul tgv Anversa-Parigi le loro collezioni.
La cioccolateria sotto casa è ancora aperta, il gruppetto di amici si ferma a comprare dei burrosi e gustosissimi cioccolatini, vera delizia dei sensi, espressione più pura dell'artigianalità cortigiana borghesizzata e della capacità di innovazione. I mastri pasticcieri tramandano di generazione in generazione ricette gelosamente custodite in piccoli laboratori artigiani, aggiungendo ogni tanto una nuova ricetta, variazioni estatiche su un tema perfettibile. Io intanto entro in casa, Koen come speravo ha preparato qualcosina per darmi una mano. Ha l'abitudine di chiamarmi quando sono sul treno di ritorno dall'Olanda e a volte mi prepara cenette prelibate, oggi non ha fatto eccezione, gli ho spiegato che stavano arrivando degli amici e adesso eccolo lì, col suo sorriso fiammingo. I miei occhi trasmettono gratitudine e sollievo, ci speravo, devo ammetterlo! Mi assiste con una zuppiera di patatine fritte, piatto nazionale insieme a wafel e cozze, un'insalatona con formaggi, crostini, frutta, verdure e semini vari e soprattutto ha fatto in tempo ad andare alla bakkerij dietro la cattedrale per il pane fresco. Il forno vicino alla cattedrale non è un normale negozio, è un vero e proprio forno senza neanche l'insegna o le vetrine per l'esposizione, sempre stracolmo di clienti, da cui proviene un profumo che, nelle giornate frizzanti in cui l'aria è pulita e cristallina potrebbe far venire l'acquolina in bocca anche agli allergici. Koen sa bene che nei Paesi Bassi trovare del pane decente è impresa titanica e deliziare un gruppo di stranieri expat per lavoro o per amore con del pane fresco acquistato in una bakkerij che da secoli prosegue la sua tradizione è una delle manifestazioni del suo senso di superiorità tutto belga nei confronti degli olandesi. Piccoli gesti rivelatori di un carattere fiero, gli stessi che i turisti e gli appassionati tanto avidamente ricercano a Siena durante i giorni del Palio. Appena metto sul fornello la pentola con l'acqua suona il campanello, con le facce raggianti da trofeo cioccolatoso i miei amici presentano un vassoio che preannuncia dolcezze infinite. La linea rossa e blu della sera unisce dalle mie finestre le guglie spumose che ricordano vagamente l'architettura russa e la finta statua della libertà che lampeggia di luminarie natalizie sul terrazzo del palazzo di fronte al mio. Per gioco, contandoci per apparecchiare la tavola contiamo anche le nazionalità, quelle doppie e triple valgono uno: Albania, Austria, Belgio, Bosnia Erzegovina, Croazia, Francia, Germania, Inghilterra, Irlanda, Italia, Norvegia, Olanda, Scozia, Serbia, Spagna, Svizzera; e ci sono anche gli 'extracomunitari': Australia, Canada, Nuova Zelanda - un po' europei anche loro, in quanto soggetti alla Regina del Regno Unito - e Stati Uniti, che vabbe' in fondo col piano Marshall un piatto di fusilli e un bicchiere di vino se lo sono meritato, per i cioccolatini è tutta un'altra musica. Ridiamo, con sincera e profonda incoscienza: ci muoviamo sui pregiudizi nazionali con l'abilità di un gatto a caccia di topi in una cantina dove vengono custoditi pregiatissimi vini. Se si alza troppo il volume del disturbo una sottile armonia si rompe, lo sappiamo bene e la conversazione scivola come una tavola sulle onde dell'Oceano.
“L'insalata è da condire” mi avverte Koen in una velata richiesta di quell'olietto buono di casa portato con ingegnose cure fin lì. È l'olio di oliva dal primo raccolto dell'anno, spremuto a freddo per mantenerne inalterate le proprietà nutritive. Gli ulivi che danno questi frutti crescono sul terreno argilloso tipico della Provincia Nordorientale di Roma, proprio quell'argilla dalle straordinarie qualità curative note già nell'antichità, le olive della zona nomentana sono piccole e, come ho sentito ripetere centinaia di volte dai miei genitori, dai miei nonni e forse anche dai miei bisnonni, se raccolte “a mano nel pieno rispetto della Natura”, donano un olio piccante, dolce e poco acido, di color verde nella prima settimana e di quel giallo oro che ricorda la luminescenza che illumina i monumenti e le campagne romane, la Natura ha la 'n' maiuscola già nei ricordi di bambina. Un guizzo di tenerezza mi attraversa lo sguardo mentre Koen condisce l'insalata, percepisco l'aroma di un raggio di sole mediterraneo nel cuore delle Fiandre.

©© Valentina Cosimati

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