27.6.10

 

Bravi, bis! Un vascello luminoso a Villa Adriana


Non ci sono parole per descrivere tutta la gamma delle emozioni umane, o forse esistono e sono rintracciabili nelle opere di scrittori immensi, forse scorrendo e leggendo le loro frasi e mettendole insieme si potrebbe, probabilmente ma non è detto, arrivare a percepire l'intensità e le sfumature di tutte le emozioni più pure, sincere e scarnificate da orpelli di banalità che noi comuni esseri di questo mondo, possiamo provare se abbiamo il coraggio di viverle nell'arco di anni e a volte di tutta una vita. La coreografa israeliana Noa Wertheim con la compagnia Vertigo ieri ha mostrato al pubblico estasiato, rapito, emozionato, di festiVAl, nello straordinario e pertanto difficilissimo palco di Villa Adriana, che forse le parole a volte sono pesanti macigni ma i movimenti coreografici sono la più meravigliosa, assoluta e intensa espressione di vita. Nella religione ebraica, per chi crede nel supremo creatore, la preghiera più vera e profonda è quella danzata, il massimo inno alla vita, alla gioia e pertanto alla grandezza dell'artefice dell'universo è danzare, suonare e ancora ballare, non danze da baccanale dionisiaco, bensì movimenti liberi e misurati che sappiano esprimere il ringraziamento per essere capaci di tale e tanta meraviglia. Forse, sempre per chi ci crede, il grande creatore del mondo ringrazia a sua volta il popolo di Israele con l'ispirazione per costruire coreografie come Vessel of Light e con la capacità ai danzatori di interpretare l'assoluto.

Lo spettacolo in sè potrebbe sembrare, guardando il programma, una coreografia di teatro danza di scuola europea simile a tante altre, più o meno ben eseguita, più o meno interessante per i temi trattati, più o meno commovente, ma comunque uno spettacolo che può emozionare un pubblico di profani e donare alcuni brividi di piacere ai veterani dell'arte di Tersicore.

Ieri sugli scomodi scranni di plastica rigida tra folate di vento umido e freddo che sferzava la platea c'era un pubblico eterogeneo e tutti gli occhi, tutti i corpi, tutti i cinque sensi e anche quelli che non sappiamo di avere, sono restati incantati da quei corpi, coperti di vestiti ingombranti e scuri, che attraversavano le linee formate dalla parola מאנא (mana) su uno sfondo bianco ghiaccio minimale, esprimendo in un'ora quello che le voci e le parole dei più grandi scrittori, le pennellate dei pittori più eccelsi, le pietre lavorate dagli scultori più sublimi hanno cercato di raggiungere nella loro vita.

Caravaggio e Canova, Shakespeare e Omero, Michelangelo e Leonardo erano lì, in quel momento, in quel luogo, ad ispirare quei ballerini a danzare il più prezioso inno alla vita che si possa realizzare: l'intera gamma delle emozioni umane rese piene dal coraggio della verità.

Potrei descrivere i passi a otto e i pas des deux, potrei raccontare i passaggi sulla diagonale, gli assoli (pochissimi a dire il vero), potrei parlare della capacità della coreografa di lavorare sul movimento degli interpreti evidentemente provenienti da background tecnici differenti, o ancora puntare il dito su alcune lievi sbavature o annotare la capacità di rielaborare elementi della tradizione e della memoria di Israele con l'intensità del vivere quotidiano, potrei anche riconoscere nella scenografia uno dei tanti life-shelter dove gli israeliani si rifugiano quando piovono qassam ma anche la struttura dell'eco-art village, potrei anche parlare del filo (non rosso ma bianco e nero) della Shoah che attraversa lo spettacolo come il palloncino nero delle emozioni che aleggia dentro e intorno allo spazio scenico o forse potrei parlare della voglia, del desiderio, della necessità della libertà, che è prima di tutto libertà di vivere, o ancora delle musiche ben armonizzate con la coreografia.

Ma tutto questo non potrebbe spiegare, neanche applicando i principi di Dalcroze o le illuminate parole di Isadora, perché nel pubblico nessuno ha notato i quindici minuti di ritardo dell'inizio della performance, o la stellina che ha fatto l'occhiolino tra le impalcature, o la luna quasi piena che illuminava con i suoi raggi uno dei più bei parchi archeologici a cielo aperto del mondo, o si è accorto del freddo, si è alzato dai sedili scomodissimi durante o a fine spettacolo, e invece non ha mosso un dito per tutta la durata dello spettacolo e alla fine ha applaudito fin che ha potuto, ha battuto i piedi all'unisono, ha urlato di gioia.

Per questo Vascello di luce vale la massima 'esistono soltanto due tipi di spettacoli, quelli buoni e quelli brutti'.

E MANA Vessel of Light è eccellente, con lode e bacio accademico.

©©Valentina Cosimati

Links
FestiVAl Villa Adriana
Vertigo Dance Company
UNESCO Commissione Italiana
Villa Adriana su sitiunesco.it
EcoArt Village

Etichette: ,


 

Tibet? No, San Polo, Provincia di Roma

sanpolo

This page is powered by Blogger. Isn't yours?