21.4.10

 

Ricordo di un raggio di sole nel piovoso cuore delle Fiandre

La sveglia suona impietosa come tutte le mattine alle 4:44, il mio corpo scatta verso un nuovo giorno, cervello non esattamente connesso. Mi alzo velocemente, deambulo verso la cucina, il caffè è già pronto, meraviglie dell'epoca moderna, una doccia rigenerante, dalla finestra le guglie delle chiese e delle cattedrali mi guardano incuriosite. Poche luci adornarno interni di palazzi sonnecchianti. Indosso gli abiti da lavoro, prima colazione di una lunga serie, spazzolata a denti e capelli, il cielo è ancora nero e gli uccellini dormono riparati nei nidi in qualche grondaia, infilo i piedi nelle scarpe tacco 6, controllo borsa, telefonino, chiavi. Le buste della spazzatura settimanale con il logo ben stampato della municipalità di Anversa preparate la sera prima sul pianerottolo, pronte ad essere portate davanti al portone in attesa degli spazzini. Se sbagli giorno spuntano immediatamente poliziotti in bici per un cazziatone, a qualunque ora del giorno e della notte, implacabili. Attraverso Voegel Markt, la piazza del mercato degli uccelli, una fiera che nei fine settimana attira turisti gastronomici da quello che una volta si chiamava Benelux, e in pochi passi sono sulla via principale diretta alla stazione centrale, cattedrale ferroviaria del secolo scorso. I giornalai non hanno ancora i quotidiani stranieri, ho giusto il tempo per acquistare un caffè bibitone da sorseggiare con calma sul treno delle 6:10. mi addormento sui sedili bordeaux e arancio immediatamente dopo il passaggio del controllore che con certa soddisfazione scruta il mio costosissimo abbonamento mensile, tesserina cartacea gialla con scritte in tre lingue più la traduzione inglese sul retro. Uomini in giacca, cravatta e laptop, donne troppo assonnate per lasciarsi guardare in volto, cicloturisti, pendolari. A Rosendaal, subito dopo il confine, incontro la mia amica, una pendolare conosciuta durante le prime settimane di questa transumanza urbana. Frequenta la scuola di una brand per artisti dei capelli famosa in tutta Europa. Di lavoro fa l'hair stylist ma studia per diventare hair designer e total look fashion artist. Vorrebbe entrare nel circuito dell'alta moda, ed è molto selettiva; mi ha spiegato che al momento non la pagano molto ma in quella struttura ha la possibilità di frequentare il corso e fare carriera, per cui ogni mattina è sul treno con me. Ormai è una consuetudine, lei mi cerca e io tento di darmi una veloce rassettata generale in attesa di scambiare due chiacchiere mattutine e di vedere la sua pettinatura. Tutte le settimane i suoi capelli subiscono trasformazioni radicali, un giorno sono corti e coloratissimi, la settimana successiva lunghissimi e coiffati nel più tradizionale dei look da sposa, in base alle lezioni, per me, che a malapena so tenere una spazzola in mano è un vero mistero di abilità artigiana. Le piace conversare con me anche se il mio lavoro la appassiona ben poco, per cui ometto tutti i dettagli più cruenti o commoventi e cerco sempre di raccontarle qualcosa di 'juicy', 'succoso'. È la mia prima vera prova della giornata: rendere interessante qualcosa che si cerca sempre di dimenticare. Quella mattina le racconto una storia che a me e a lei, di qualche anno più giovane, sembra una memoria lontana di un'infanzia remota. Siamo cittadine di quell'Europa Unita di cui si blatera in pomposi convegni, per noi la libertà di movimento di idee e persone enunciata nei trattati internazionali e conquistata con tenacia da idealisti visionari che nei secoli hanno teorizzato e messo in pratica utopie futuribili è naturale come sorseggiare una tazza di thè o di quella brodaglia caffettosa ormai intiepidita sul tavolino accanto al finestrino. "Sono preoccupata per un mio amico” esordisco cercando di catturarne l'attenzione. Distoglie lo sguardo dalle sue unghie intarsiate con le più avanguardistiche tecniche di manicure, nella scuola per total look designer c'è anche una sezione dedicata alla nail sculpture e al makeup, ormai ho fatto l'abitudine all'assolutezza del mascara e alle linee di ombretto di una perfezione patinata a cui io, nella mia femminile ricerca di un temporaneo abbellimento quotidiano, mi limito ad ispirarmi. Per scomodare la saggezza popolare in fondo tutta Europa è paese e l'empatia nei confronti di qualche persona per cui si nutre una qualche forma di preoccupazione è inizio ottimale per destare improvvisa curiosità.
La luce grigiognola illumina gli isolotti sull'Hollands Diep, frastagliati frammenti di terra emersa galleggiano nelle acque placide del grande fiume che dopo pochi metri si incontrerà con la dolce forza del Nordsee. Pianure ornate da piccole dighe si schiudono davanti ai nostri occhi, arcobaleni di tulipani preannunciano la tiepida primavera neerlandese, si può sentire il cinguettio allegro di stormi di branta leucopsis, l'anatra facciabianca che, narra la leggenda, viene generata direttamente dall'oceano o dai pini, e i richiami delle canapiglie, quando il ritmo calmo del treno rallenta fino a fermarsi per qualche istante, giusto per farci assaporare il tepore metallico del cielo. Pero ha un problema per noi quasi incomprensibile. Siamo arrivate nella moderna stazione Den Haag Holland Spoor e saluto la mia interlocutrice lasciandole per il momento il dubbio sulle sorti del mio amico, sempre meglio far fermentare un po' la curiosità, lei prosegue fino ad Amsterdam. Mi dirigo verso il rimessaggio custodito di bici, la pioggerellina è lieve e verticale, non quella fastidiosa pioggia orizzontale accompagnata da potenti raffiche di vento di certe giornate invernali che a volte mi costringe a prendere il tram. Le due ruote scivolano veloci nella pista ciclabile, arrivo al tribunale internazionale e comincio la mia intensa giornata lavorativa. Incontro Pero e il gruppo di colleghi diventati amici. Lui, come molti altri suoi conterranei sta affrontando un difficile percorso di ricostruzione di vite il cui destino si è incrociato con orrori inenarrabili che rimbalzano periodicamente nei vari angoli del pianeta in forma di notizia per fare sensazione. Il suo cruccio maggiore è quello di far conoscere la sua fidanzata alla madre, non per problemi di timidezze reciproche o di insanabili differenze culturali tra diverse nazionalità, bensì, come accennavo alla mia compagna di commuting transfrontaliero, per una questione di confini geografici. Eh sì perché a poche centinaia di chilometri, nel cuore orientale del'Europa meridionale, poco più a Nord della culla greca della nostra civiltà, esistono ancora antichi cimeli di divisioni nazionali, più che frontiere, barriere permeabili soprattutto se i meccanismi della corruzione risultano ben oliati. Alle 9 i monitor del tribunale si accendono, il ticchettio sulle tastiere dei computer si mescola ai fruscii delle toghe.
Ascolto, osservo, scrivo e invio l'articolo del giorno.

Scontro in aula tra Ashdown e Milosevic
Nella Norimberga dei Balcani si è acceso un dibattito serratissimo tra Slobodan Milosevic e Paddy Ashdow. "Le ho detto che se avesse continuato ad ignorare tutti gli avvertimenti sarebbe finito nel Tribunale Internazionale, ed eccola qui", ha detto Ashdown che ha continuato a rivolgersi a Milosevic come ad un suo collega
Oggi si è concluso l'interrogatorio dell'accusa del primo testimone eccellente del processo a carico di Slobodan Milosevic. La difesa ha quindi controiterrogato Lord Ashdown, dando vita ad una vera e propria tribuna politica in cui sono stati sciolti alcuni dei nodi fondamentali del processo e sono state evidenziate le responsabilità del regime serbo e in particolare dell'imputato, ma anche le ombre dell'Uck, definito da Ashdown un'organizzazione terroristica.
Milosevic non poteva non sapere
Il rappresentante Onu in Bosnia ha ricordato all'imputato di quando è stato da lui ricevuto. "Lei non poteva non sapere quanto stava accadendo, le era stato detto in tutti i modi, anche da Tony Blair" - ha affermato Ashdown rivolgendosi sempre in modo diretto al suo ex interlocutore politico.
"Se lei ben ricorda - ha proseguito l'ex leader liberaldemocratico britannico - io sono venuto a parlare con lei per convincerla a smettere la sua politica per evitare l'intervento della comunità internazionale, per evitare che vi fosse 'l'aggressione Nato'. Le ho detto che se avesse continuato ad ignorare tutti gli avvertimenti sarebbe finito nel Tribunale Internazionale, ed eccola qui"
"Le ho detto che i suoi ufficiali le stavano mentendo", ha proseguito Ashdown riferendosi all'incontro con l'allora presidente jugoslavo in cui Milosevic aveva riferito all'inviato britannico che l'Uck stava violando il cessate il fuoco mentre l'esercito serbo lo stava rispettando. "Gli attacchi nei villaggi continuavano anche dove le era stato detto che erano finiti", ha ricordato Ashdown
L'esercito di Liberazione del Kosovo (Uck)
Lord Ashdown ha chiarito che "c'erano tre Uck" che operavano a differenti livelli, dalla 'protezione' dei villaggi ad una struttura politica organizzata. L'ex leader liberaldemocratico britannico ha anche specificato che "a suo avviso Rugova non aveva un effettivo controllo dell'Uck come sosteneva lui".
In ogni caso era piuttosto semplice per l'Uck, che "ha causato molte sofferenze alla popolazione serba", far passare le armi attraverso il confine albanese, con l'appoggio implicito delle gerarchie albanesi.
"Non ho mai negato che l'Uck facesse attacchi terroristici o che non fossero terroristi, ma lei è andato contro ogni legislazione internazionale, le azioni terroristiche dell'Uck non giustificano in alcun modo le rappresaglie messe in atto con quella violenza da parte del suo esercito", ha affermato Ashdown
"La ringrazio - ha replicato Milosevic - perché nessuno dei testimoni che l'ha preceduta ha ammesso che si trattasse di terrorismo"
"Non ho mai negato il diritto di Milosevic o dell'esercito serbo di fare delle azioni contro il terrorismo ma ho sempre detto a Milosevic che doveva farlo in modo chiaro e non in violazione costante delle leggi internazionali" - ha successivamente e ripetutamente chiarito Paddy Ashdown
C'è una differenza tra lotta al terrorismo e sistematico massacro di civili
Il rappresentante Onu in Bosnia ha parlato di una strategia della tensione messa in atto dal governo di Belgrado per far sì che l'Uck reagisse in modo violento e per creare quindi una giustificazione alla rappresaglia dell'esercito serbo, ma - ha chiarito "non c'è giustificazione per l'abuso di forza militare contro civili inermi in patente violazione del diritto internazionale".
"Le ho detto - ha ricordato Ashdown rivolto a Milosevic - anche che secondo me quello che lei stava attuando non era una lotta al terrorismo ma un modo per provocare la reazione dell'Uck ed avere quindi una giustificazione per aggravare la situazione e far diventare la rappresaglia delle milizie serbe più violenta"
"Ho visto circa 300 persone che vivevano nelle montagne, preferendo lasciare le proprie case nonostante l'inverno rigido, utilizzando patetici travestimenti solo per salvare le loro vite perché erano troppo spaventati dall'azione delle sue forze militari. Vivevano in condizioni di privazione totale pur di sfuggire alla violenza delle sue forze, ho poi aggiunto che ho visto le stime dell'UNHCR che ho immaginato essere più precise delle mie che parlavano di 20.000 profughi che vivevano nelle montagne in seguito alle azioni delle milizie serbe"
"Lei ha agito con una violenza inaudita nei confronti di civili - ha accusato Ashdown - ha massacrato civili inermi e ha distrutto villaggi, con un uso eccessivo della forza militare"
Necessario punire i criminali di guerra
Ashdown ha inoltre ribadito la necessità di un sistema che consenta di perseguire i criminali di guerra a livello internazionale "non solo per la ex-Jugoslavia", ma in tutto il mondo, ribadendo di fatto l'importanza di strumenti di giurisdizione internazionale, come il Tribunale dell'Aja.
Questioni procedurali, slittano le udienze
È iniziata inoltre la discussione sulle misure di sicurezza per i testimoni in regime di protezione. Le udienze in calendario slitteranno quindi fino alla decisione del TPIY sulla delicata questione.

La giornata trascorre senza troppe emozioni, abbiamo tutti voglia di assaporare i due giorni di pausa del tribunale e optiamo per un chill out oltreconfine, con cenetta italiana nella mia casetta belga. In cuor mio spero che il vicino del piano di sotto preparerà anche lui qualcosina, siamo più numerosi del previsto e le mie provviste italiane dovrebbero bastare per una cena tra amici ma la mia natura centromediterranea mi fa sempre pensare che non si sa mai e il cibo non è mai troppo anche quando si cucina per un reggimento intero. Al ritorno lo scenario del treno è piuttosto diverso, famigliole con biondissimi bimbi, gruppetti di viaggiatori diretti a Bruxelles per prendere un qualche aereo lowcost verso le destinazioni più svariate, studenti e turisti del libero pensiero. De Keyserlei più che una strada è un concentrato di varie umanità, ebrei ortodossi appartenenti alle dinastie dei commercianti di diamanti con i payot che scorrono netti su carnagioni diafane, coloratissimi studenti delle prestigiose accademie di moda e costume abbigliati in modo improbabile, panciuti bottegai indaffarati che rivelano in ogni movimento gestualità antiche del loro lavoro, famigliole felici, migranti asiatici, africani e arabi in cerca di un mondo migliore, potentissimi acquirenti di merci molto ben quotate in borsa da qualunque parte del mondo, marinai navigati, birrai creativi e fiamminghi orgogliosi della loro unicità con espressioni un po' dispettose e gnomesche. Le luci dei negozi illuminano la Meir, le campane delle chiese si uniscono al frenetico pullulare di idee innovative e tradizioni secolari. Passiamo davanti alla casa di Rubens, scrigno di tesori del barocco fiammingo, attraversiamo Theatreplein, la piazza del VogelMarkt, campo di sperimentazione per audaci pattinatori e skateboarders, che si esercitano in acrobazie su rotelle a pochi passi da uno dei più importanti teatri cittadini, dalle cioccolaterie artigianali famose in tutto il mondo, dalle viuzze con esclusivissimi negozi in cui si vendono a prezzi esorbitanti sobri dettagli dell'industria del lusso disegnati spesso proprio da quegli stessi ragazzi multicolor che sono riusciti a far salire sul tgv Anversa-Parigi le loro collezioni.
La cioccolateria sotto casa è ancora aperta, il gruppetto di amici si ferma a comprare dei burrosi e gustosissimi cioccolatini, vera delizia dei sensi, espressione più pura dell'artigianalità cortigiana borghesizzata e della capacità di innovazione. I mastri pasticcieri tramandano di generazione in generazione ricette gelosamente custodite in piccoli laboratori artigiani, aggiungendo ogni tanto una nuova ricetta, variazioni estatiche su un tema perfettibile. Io intanto entro in casa, Koen come speravo ha preparato qualcosina per darmi una mano. Ha l'abitudine di chiamarmi quando sono sul treno di ritorno dall'Olanda e a volte mi prepara cenette prelibate, oggi non ha fatto eccezione, gli ho spiegato che stavano arrivando degli amici e adesso eccolo lì, col suo sorriso fiammingo. I miei occhi trasmettono gratitudine e sollievo, ci speravo, devo ammetterlo! Mi assiste con una zuppiera di patatine fritte, piatto nazionale insieme a wafel e cozze, un'insalatona con formaggi, crostini, frutta, verdure e semini vari e soprattutto ha fatto in tempo ad andare alla bakkerij dietro la cattedrale per il pane fresco. Il forno vicino alla cattedrale non è un normale negozio, è un vero e proprio forno senza neanche l'insegna o le vetrine per l'esposizione, sempre stracolmo di clienti, da cui proviene un profumo che, nelle giornate frizzanti in cui l'aria è pulita e cristallina potrebbe far venire l'acquolina in bocca anche agli allergici. Koen sa bene che nei Paesi Bassi trovare del pane decente è impresa titanica e deliziare un gruppo di stranieri expat per lavoro o per amore con del pane fresco acquistato in una bakkerij che da secoli prosegue la sua tradizione è una delle manifestazioni del suo senso di superiorità tutto belga nei confronti degli olandesi. Piccoli gesti rivelatori di un carattere fiero, gli stessi che i turisti e gli appassionati tanto avidamente ricercano a Siena durante i giorni del Palio. Appena metto sul fornello la pentola con l'acqua suona il campanello, con le facce raggianti da trofeo cioccolatoso i miei amici presentano un vassoio che preannuncia dolcezze infinite. La linea rossa e blu della sera unisce dalle mie finestre le guglie spumose che ricordano vagamente l'architettura russa e la finta statua della libertà che lampeggia di luminarie natalizie sul terrazzo del palazzo di fronte al mio. Per gioco, contandoci per apparecchiare la tavola contiamo anche le nazionalità, quelle doppie e triple valgono uno: Albania, Austria, Belgio, Bosnia Erzegovina, Croazia, Francia, Germania, Inghilterra, Irlanda, Italia, Norvegia, Olanda, Scozia, Serbia, Spagna, Svizzera; e ci sono anche gli 'extracomunitari': Australia, Canada, Nuova Zelanda - un po' europei anche loro, in quanto soggetti alla Regina del Regno Unito - e Stati Uniti, che vabbe' in fondo col piano Marshall un piatto di fusilli e un bicchiere di vino se lo sono meritato, per i cioccolatini è tutta un'altra musica. Ridiamo, con sincera e profonda incoscienza: ci muoviamo sui pregiudizi nazionali con l'abilità di un gatto a caccia di topi in una cantina dove vengono custoditi pregiatissimi vini. Se si alza troppo il volume del disturbo una sottile armonia si rompe, lo sappiamo bene e la conversazione scivola come una tavola sulle onde dell'Oceano.
“L'insalata è da condire” mi avverte Koen in una velata richiesta di quell'olietto buono di casa portato con ingegnose cure fin lì. È l'olio di oliva dal primo raccolto dell'anno, spremuto a freddo per mantenerne inalterate le proprietà nutritive. Gli ulivi che danno questi frutti crescono sul terreno argilloso tipico della Provincia Nordorientale di Roma, proprio quell'argilla dalle straordinarie qualità curative note già nell'antichità, le olive della zona nomentana sono piccole e, come ho sentito ripetere centinaia di volte dai miei genitori, dai miei nonni e forse anche dai miei bisnonni, se raccolte “a mano nel pieno rispetto della Natura”, donano un olio piccante, dolce e poco acido, di color verde nella prima settimana e di quel giallo oro che ricorda la luminescenza che illumina i monumenti e le campagne romane, la Natura ha la 'n' maiuscola già nei ricordi di bambina. Un guizzo di tenerezza mi attraversa lo sguardo mentre Koen condisce l'insalata, percepisco l'aroma di un raggio di sole mediterraneo nel cuore delle Fiandre.

©© Valentina Cosimati

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