19.1.07

 

Hrant Dink shot dead, he offended Turkishness



Hrant Dink, director of the bilingual weekly Agos , was shot dead. He stated "I'm Turkish and Armenian but not Turk". This lead him to death. He denounced the Armenian genocide and was condemned for "offenses to Turkishness".

This is not acceptable.

"A bullet was fired - Prime Minister Recep Tayyip Erdogan commented - at freedom of thought and democratic life"

What the hell is Turkishness, by the way?

 

Il "Sandokan" di Correale al Piccolo Jovinelli


Dal testo di Nanni Balestrini
. Sulla scena Antonio Catania racconta la camorra vista con gli occhi di un ragazzino, che ogni giorno va a scuola assieme ai figli dei boss.

Il racconto agghiacciante di un paese in guerra contro se stesso. Una guerra interminabile, informale, mai dichiarata ufficialmente e coperta dall’omertà. Intere regioni hanno stabilito con la morte un rapporto di rassegnata convivenza, per cui avere un morto ammazzato in famiglia è una cosa normale che fa parte della quotidianità. Questa è l’Italia dipinta in Sandokan da Nanni Balestrini, il primo ‘poeta elettronico’ sempre all’avanguardia nella sperimentazione di nuovi linguaggi. A dare voce al flusso di coscienza del grande autore milanese è il sicilianissimo Antonio Catania che, nello spettacolo diretto e adattato da Nello Correale in scena al Piccolo Jovinelli di Roma fino al 28 gennaio e all’Aut Off di Milano dal 13 al 25 marzo, sembra quasi non recitare ma rendere partecipi gli spettatori di un qualcosa di familiare.

Antonio Catania dialoga con i suoni di Peppe D’Argenzio e racconta una storia semplice, quella di un piccolo paese del casertano vista attraverso gli occhi di un ragazzino che ogni giorno sale sul pulmino insieme ai figli dei boss per andare a studiare nella cittadina Aversa.

“Nei paesi come il mio – si legge nel testo di Balestrini pubblicato da Einaudi- il cartello con la scritta Benvenuti è sempre pieno di buchi di pistole e fucili perché indica che si tratta di un territorio sotto controllo insomma chi ci entra deve sapere a quali rischi va incontro”.

Il libro sa incantare, si legge tutto d’un fiato, forse anche per la mancanza di punteggiatura e Antonio Catania sa regalare al testo rivisto da Correale la leggerezza del racconto tra amici, evocando scene di orrore quotidiano con la naturalezza con cui si parla di una gita fuori porta. “Adattare il testo per il palcoscenico – ci racconta il regista – non è stato una passeggiata; volevamo ricreare la semplicità costruita da Balestrini ma dovevamo tagliare dei pezzi per l’adattamento. Si tratta di questioni delicate, parliamo di camorra, una realtà difficile, dura, complessa e potente che governa una parte dell’Italia e gestisce giri di affari miliardari in tutto il mondo. Tra l’altro è un’organizzazione che non ama molto che si parli di sé”.

L’azione si svolge nel territorio controllato dal clan dei Casalesi, uno dei più potenti del ‘Sistema’, composto dalla famiglia Schiavone, capeggiata da Francesco detto ‘Sandokan’ e da quella dei Bidognetti comandata da “Cicciotto e’ mezanotte”. La storia è quella dell’ascesa al potere di Antonio Bardellino, il boss che fa fare il ‘salto di qualità’ all’organizzazione annientando gli uomini di Cutolo e alleandosi con la mafia siciliana, e della faida che si scatena alla sua morte portando all’ascesa di Sandokan, il boss con la barba e i capelli lunghi che fa pensare alla Tigre della Malesia. Un pirata italiano che ha saputo farsi strada nell’unica vera organizzazione internazionale attiva in quell’angolo del Belpaese, un business man in carriera che non ha gradito il libro di Balestrini e ha denunciato l’Einaudi per averlo pubblicato mentre lui era sotto processo per reati legati alla criminalità organizzata.

L’Italia raccontata da Antonio Catania, Nello Correale e Nanni Balestrini è quella di un paese in guerra che fa finta di essere in pace da oltre 60 anni. “Quel giorno – si legge ancora in Sandokan – sono ripartito subito la sera stessa per il Nord ho buttato via i vestiti che ancora puzzavano di quella puzza orribile di sangue congelato mi sono fatto portare alla stazione e mi sono detto con rabbia che non tornerò mai più al mio paese”.

By Valentina Cosimati
published on Liberazione del 19 gennaio 2007

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