14.3.08

 

Lhasa in fiamme, aspettando Beijing 2008


Morti e feriti a Lhasa, cautela da Pechino e appello del Dalai Lama. Fabio Amato chiede uno stop alla violenza tramite la via diplomatica e il rispetto della cultura del popolo tibetano. Notizie di agenzia riferiscono di diversi morti e feriti tra i manifestanti.

Le manifestazioni dei monaci buddisti a Lhasa, capitale della Regione Autonoma del Tibet, sono sfociate oggi in scontro violento con le forze dell’esercito cinese.

L’11 marzo scorso ricorreva il 49mo anniversario dell’occupazione del Tibet da parte del governo di Pechino, monaci e credenti si erano riversati per le strade della capitale tibetana e, nella tradizione non violenta che ha caratterizzato quasi mezzo secolo di opposizione all’occupazione cinese, hanno iniziato uno sciopero della fame. La polizia ha cercato di disperdere i manifestanti utilizzando gas lacrimogeni. Sono stati uditi degli spari, il mercato di Tromisikhang è in fiamme e i tre monasteri di Sera, Drepung e Ganden, dove i monaci sono in sciopero della fame, sono circondati dalla polizia militare.

“Le notizie sono ancora frammentarie – sostiene Fabio Amato, responsabile Esteri del PRC - ma ciò che sta avvenendo dice chiaramente che c’è un’escalation che va al più presto fermata attraverso la via della negoziazione e della soluzione politico-diplomatica. Siamo in presenza di un contenzioso decennale che non può essere risolto con l’uso della forza ma rispettando la cultura e i diritti del popolo tibetano”.

Da più parti arriva la notizia che si sarebbe alla vigilia della dichiarazione dello stato di emergenza ma le agenzie riportano che il governo cinese per il momento non è in allarme. La reazione da parte degli USA è di ‘rammarico‘ per quanto sta avvenendo in queste ore e chiedono di rispettare la cultura tibetana.

L’ambasciata cinese in Italia ha fatto sapere che non vi sono italiani coinvolti negli scontri e non si riportano feriti di nazionalità italiana. Secondo il Dalai Lama, il leader in esilio dal 1959, le proteste sono “la manifestazione di un profondo risentimento del popolo tibetano verso l’attuale amministrazione”; il Dalai Lama ha fatto appello alla leadership cinese “affinché metta fine all’uso della forza e affronti attraverso il dialogo questo risentimento che cova da molto tempo”.

Il governo di Pechino ha cercato di evitare che la questione dei diritti fondamentali venisse sollevata in concomitanza con le Olimpiadi ma la questione tibetana rimane aperta.

by Valentina Cosimati
online @ Sole Rosso



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