6.3.08

 

Il V-day di Eve Ensler


Tra il primo gennaio e il 31 marzo si celebra in tutto il mondo il decimo anniversario del V-Day – qui la ‘V’ sta per ‘Vagina’ - un decennale che segna una battaglia importante nella lunga lotta per l’affermazione del diritto alla vita, alla libertà e al piacere contro la violenza.
Il movimento ha assunto dimensioni planetarie in pochi anni, a dimostrazione che la violenza e l’oppressione nei confronti delle donne è universale. “Decidere sulla vita e sulla morte è elemento fondamentale nell’esercizio del potere – ha recentemente affermato Dacia Maraini, in scena all’Eliseo in questi giorni - e il controllo sul ventre delle donne, generatore di vita, sembra essere l’ossessione del nuovo millennio in ogni angolo del pianeta”. A cento anni dall’8 marzo 1908 il corpo delle donne continua infatti ad essere considerato un territorio di conquista, che deve essere mercificato, conquistato, violato, mortificato.


L’animatrice del V-Day (www.vday.org) è Eve Ensler, una newyorkese con un “corpo politico” che sembra fatto apposta per contraddire i dettami del sogno a stelle e strisce. Pioniera nella lotta contro le mutilazioni genitali femminili, ama le frasi ad effetto, quelle che stordiscono e fanno pensare, sa entrare nel linguaggio comune e far passare idee di libertà anche sui più insospettabili mezzi di comunicazione. È un’artista straordinaria, una grande comunicatrice ma anche una ‘cattiva ragazza’ determinata, forte, un po’ sfacciata. Il suo nome è associato ai Monologhi della Vagina, un testo letto, recitato e raccontato da migliaia di persone in tutti gli angoli del pianeta. Attrici e personalità di tutto il mondo hanno dato voce ai corpi di cui parla nei suoi scritti e incontrandola non si può fare a meno di immedesimarsi con lei.
Eve è una donna normale, libera, che ha subito violenze e si è spesa nel mondo “affinché – ci spiega – altre donne non debbano passare attraverso lo stesso inferno”.


Eve Ensler è una di noi, una persona comune che diventa straordinaria perché osa parlare in pubblico di ‘cose di donne’ in un mondo in cui “l’idea stessa – ci chiarisce – che le donne siano esseri umani pienamente integrati è uno scandalo”. Una vergogna che va coperta con veli che nascondano il peccato o con bisturi che taglino via la vita da quel corpo di reato. “Tra il burqua e il botulino, tra le mutilazioni genitali femminili – ci ha spiegato - e le operazioni per il restringimento vaginale non vedo grandi differenze, se non che il burqua te lo puoi anche togliere mentre le cicatrici rimangono”.


Eve Ensler racconta le storie degli ‘obiettivi necessari’ (le vittime di stupro etnico e delle guerre), variazioni sul tema della stessa violenza che fa sì che la polvere sui resti di Ground Zero sia “la stessa - si legge nel suo nuovo libro Insecure at Last - di quella vista a Kabul, in Kosovo, in Bosnia”. Una violenza che fa i conti con l’idea stessa di identità e mette in scacco le sicurezze nazionali.


“Non penso – scrive nei Monologhi della Vagina - di essere estremista. Quando si violentano, picchiano, storpiano, mutilano, bruciano, seppelliscono, terrorizzano le donne, si distrugge l’energia essenziale della vita su questo pianeta. Si forza quanto è nato per essere aperto, fiducioso, caloroso, creativo e vivo ad essere piegato, sterile e domato”.


Provocatoria, netta come la frangetta nera che le disegna la fronte mettendo in rilievo le labbra a forma di cuore, è autrice simbolo del movimento femminista americano del nuovo millennio. “Ho viaggiato nell’Afghanistan dei Talebani, nei Balcani degli stupri etnici, e non capisco – ci racconta - tutta questa paura dell’Islam. Non mi sembra che il cattolicesimo, l’ebraismo o il capitalismo siano tanto meno oppressivi nei confronti delle donne e non credo affatto – aggiunge - che l’incontro tra culture sia fonte di oppressione. Anzi, per certi versi il burqua è meno problematico della chirurgia estetica: per lo meno è una prigione da cui si può scappare, magari per concedersi un proibitissimo gelato”.


La violenza è un fatto quotidianamente accettato che lei, insieme al movimento V-Days, contesta con una straordinaria forza rivoluzionaria, chiedendo di sprigionare e liberare l’energia di corpi oppressi in gabbie di pensiero e comportamenti (auto) punitivi.
“Non ho mai capito – ci racconta – come sia possibile non essere femministi. È come essere contro la felicità”. Un principio così elementare che risulta incomprensibile e di cui l’artista newyorkese ha saputo mostrare a tutti la semplicità attraverso racconti di diete e tapis roulant. Eve Ensler ha subito e compreso appieno la banalità del male, quella che si incontra nei processi per crimini contro l’umanità, quella dei padri di famiglia o dei ragazzotti un po’ annoiati che sono diventati torturatori professionisti macchiandosi dei più efferati crimini di guerra, o quella della ragazzina obesa che odia le Stronze Magrissime o della modella che lascia che il suo carnefice-chirurgo la mutili all’infinito per ‘amore’.

by Valentina Cosimati
online @ Sinistra Europea



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