21.3.08

 

Canada, un altro mondo è possibile


Il Canada ha sviluppato un sistema alternativo a capitalismo e comunismo, una terza via americana cui l'Europa potrebbe guardare con sempre maggior attenzione.


In Nord America, al confine con gli Stati Uniti, viene sperimentato un altro mondo possibile, un sistema a cui l’Europa potrebbe guardare con sempre maggiore attenzione, il multiculturalismo. Tra i numerosi tentativi di elaborazione di sistemi sociali e politici che consentano una convivenza pacifica tra culture differenti quello canadese nel tempo ha saputo produrre i risultati più interessanti in termini di ‘sistema’ nel pieno rispetto delle identità e delle libertà fondamentali.

L’Australia ha adattato il sistema canadese ma ha poi ‘virato’ a destra nel corso degli ultimi 15 anni, mentre i due modelli principali di integrazione che l’Europa ha prodotto nel corso dei decenni, quello assimilazionista francese e il londonistan, sono falliti dando vita a delle profonde spaccature all’interno delle società.

Il Canada è una realtà complessa da analizzare e osservare con attenzione. Contraddizioni, ingiustizie e criminalità sono presenti ma in modo abbastanza marginale rispetto allo stato generale delle cose.

Oltre 30 anni fa il governo si è interrogato sulla questione della convivenza tra culture differenti e l'8 ottobre 1971, il primo ministro Pierre Trudeau ha annunciato alla Camera dei Comuni l’adozione del multiculturalismo.

Da quel momento il Canada ha di fatto legittimato un nuovo concetto di cittadinanza basato sull’appartenenza alle comunità (religiose, nazionali, di interesse, di orientamento sessuale, etc.) che costituiscono lo stato inteso come spazio pubblico in cui interagiscono identità multiple, riconoscendo uguale dignità ad ognuna di esse.

Ha introdotto un sistema legale, politico e culturale che stimola la comunicazione tra le sue molteplici componenti e che viene periodicamente monitorato da appositi organismi governativi che controllano lo ‘stato di salute’ del sistema ed eventualmente agiscono per modificarne alcuni aspetti.

L’antropologa Mariella Pandolfi, donna forte e allergica ai conformismi del pensiero che ha lavorato per anni in Albania e nei Balcani criticando l’imperialismo dell’azione umanitaria e che oggi vive e insegna a Montreal, ha definito il multiculturalismo come “un sistema che riguarda tutti gli aspetti della vita sociale e politica basato sul rapporto tra le comunità, una grande tolleranza e una buona dose di nomadismo”.

Uno degli aspetti fondamentali del multiculturalismo è che si tratta per l’appunto di un sistema in quanto tale e non di un complesso di politiche innestate all’interno di una società fondamentalmente monoculturale; per usare una metafora medica, non si tratta di un organo trapiantato che potrebbe causare crisi di rigetto, ma di un intero corpo.

Tanto per cominciare le persone e le comunità che interagiscono nello spazio pubblico sono prese in considerazione come degli elementi sfaccettati (con identità multiple, per usare un concetto di Amartya Sen) che interagiscono in uno spazio pubblico condiviso, maggiore è la complessità delle interazioni maggiore deve essere la comunicazione tra gli elementi che compongono il tessuto sociale, per garantire una libera espressione dei differenti orientamenti (che molto spesso albergano in una sola persona, si può essere cristiani, indonesiani, amanti della matematica, contro la guerra, genitori, omosessuali, etc.) è necessario – secondo i canadesi – garantire il massimo grado di comunicazione tra le diverse componenti della società, evitando le ghettizzazioni tipiche del modello americano del ‘melting pot’.

Lo stato, allora, è visto come un garante di queste libertà e le strutture fondamentali per il benessere e l’arricchimento della società stessa, che secondo i canadesi sono l’istruzione, la sanità, il verde pubblico, etc.

Analizzare il sistema canadese in un articolo è pressoché impossibile senza scadere nei luoghi comuni, seguiranno quindi degli approfondimenti su alcuni aspetti di questa società nella speranza che sia “possibile immaginare – come afferma il filosofo Giacomo Marramao - un’identità europea basata sull’integrazione mediante il riconoscimento dell’identità come realtà contingente e aperta, definita nella relazione e nel divenire storico. Un’Europa dell’universalismo della differenza, in cui il criterio che prevale non è quello dell’omologazione ma quello che evidenzia i tratti che si differenziano perché vede in questi tratti dei momenti di ricchezza incommensurabile”.

by Valentina Cosimati
online @ Sinistra Europea



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